05/05/2004

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Dice Schelling: “Qui dunque non è in questione, quale opinione debba assumersi del fenomeno, affinché esso, reso conforme ad una qualsivoglia filosofia, possa essere agevolmente spiegato, ma viceversa, quale filosofia si richieda, affinché, cresciuta con l’oggetto, ne sia all’altezza” (F.W.J.Schelling: Filosofia della mitologia – Mursia, Milano 1993, p.8).
Si potrebbe quindi dire, parafrasando Paolo: “Non io, ma il fenomeno o l’oggetto in me”; e parafrasando invece Dostoevskij: “Se il fenomeno o l’oggetto non esiste, tutto è permesso”.
Ebbene, Ruggero Guarini, in un articolo dedicato ai “maestri e maestrini del pensiero laico e progressista”, prima ricorda che “Classe, Razza, Nazione, Partito, Stato, Storia, Ragione, Scienza, Capitalismo, Tecnica, Sesso, Progresso e simili” sono stati gli idoli con i quali “la cultura laica e progressista, dopo aver preteso di aver liquidato una volta per sempre l’Innominabile, ha di volta in volta cercato di sostituirlo”, e poi afferma: “La cultura che li ha generati, dopo averli visti crollare tutti, nessuno escluso, uno dopo l’altro, non ha potuto sottrarsi al dovere di tentare di sopravvivere al proprio interminabile tramonto scodellandone subito un altro. Quest’ultimo suo idolo, quasi fresco di giornata, lei lo chiama pudicamente “Interpretazione””.
Cosa vuol dire “Interpretazione”? Vuol dire – spiega sempre Guarini – che “la realtà non esiste; esistono soltanto le interpretazioni della realtà; tutte le interpretazioni possibili e immaginabili della realtà, nessuna esclusa, sono ugualmente valide; dunque non esiste neanche la verità; ma poiché a interpretare la realtà (che non esiste) provvedono gli Interpreti (che a quanto sembra esistono), è evidente che il prestigio attribuito un tempo alla realtà deve essere ormai conferito a loro; ragion per cui il vero nuovo idolo non è affatto l’Interpretazione ma la corporazione degli Interpreti” (il Giornale, 4 maggio 2004).
La “corporazione degli Interpreti” rovescia dunque il detto di Paolo, affermando: “Non il fenomeno o l’oggetto in me, ma io”; e si dice convinta, con Dostoevskij, che tutto è permesso in quanto il fenomeno o l’oggetto non esiste.
Dal punto di vista psicodinamico (freudiano), questo non è però che un sintomo di quel “narcisismo secondario” (osservabile, ad esempio, nei deliri di grandezza) che deriva appunto da un ripiegamento, su sé stessi o sull’io (sull’ego), della libido altrimenti investita negli oggetti esterni, o libido oggettuale.
Come dice dunque Polonio nel secondo atto dell’Amleto: “Benché questa sia pazzia, pure c’è metodo in essa”: o, meglio, verità (W.Shakespeare: Amleto in Teatro – Sansoni, Firenze 1951, vol.III, p.888).
Quale verità? Quella – in termini scientifico-spirituali – di un’attitudine puramente luciferica o, per l’appunto, di una regressione della “intenzionalità” (F.Brentano) dal livello dell’epistème dell’anima cosciente al livello della dόxa dell’anima razionale o affettiva.

Di Lucio Russo
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