In un articolo titolato: “Amore? Fa rima con cervello”, e sottotitolato: “Sono sempre più numerose le indagini cognitive sui sentimenti” (Il Messaggero, 10 luglio 2004), Fabrizio Michetti c’informa che, a conclusione del convegno della Società Italiana di Neuroscienze, si è tenuta una tavola rotonda sul tema: “Psicanalisi e neuroscienze: elementi di conflittualità e di integrazione”, che il Centro Italiano di Psicologia Analitica ha promosso il convegno: “Psicologia analitica e teorie della mente. Complessi, affetti, neuroscienze”, che il Convegno della Federazione delle Società Europee di Neuroscienze si è aperto, a Lisbona, con una relazione di Antonio Damasio (vedi note: Del “cefalocentrismo”, 24 agosto 2003 e Il corpo “mistico”, 12 settembre 2003) sul tema: “Neurobiologia delle emozioni”, e che “è ormai attiva a Londra, con sede presso il Centro Anna Freud, la Società Internazionale di Neuropsicoanalisi che ha dato vita alla sua rivista scientifica ufficiale Neuro-psychoanalysis, il cui programma editoriale dichiara l’intenzione di “costruire ponti tra psicoanalisi, neuroscienze, scienze cognitive e psichiatria biologica”” (riguardo al “costruire ponti”, vedi nota: L’aldilà e l’aldiqua, 3 maggio 2004). Non bastasse, nell’editoriale che apre Mente & Cervello (luglio-agosto 2004), Enrico Bellone saluta il ritorno del “figliol prodigo”: ossia, “il ritorno di Freud nel quadro della scienza”.
Ebbene, qualcuno pensa forse che tutti questi signori si occupino dell’homo? Macché, si occupano (senza saperlo) dell’homunculus.
E chi è l’homunculus? E’ l’uomo senza qualità (Musil): ovvero, quell’essere senz’anima (e senza spirito) che vive nell’immaginazione o nella fantasia dei materialisti e dei naturalisti (e del quale hanno scritto, seppure in modo diverso, Goethe e Robert Hamerling).
Osserva infatti Steiner: “Poco dopo il 1860 la psicologia lanciò una singolare parola d’ordine. Riguardo alla psicologia, si era sempre creduto che gli uomini non si sarebbero mai tanto spinti nell’omuncolismo da non saper nulla dell’anima e da voler ammettere soltanto ciò ch’è corporeo. Eppure allora sorse il motto: “psicologia senz’anima”, fino a Wundt. Ciò significa che si vogliono studiare i semplici fenomeni della vita animica: il voler bene, la gioia, la tristezza, ecc. fin nei particolari; si dice che sono “accidenti”; ma non ci si volge verso l’anima stessa. E’ naturalmente insito nella natura dell’omuncolismo il negar l’anima. Se nell’homunculus si scorge il vero uomo, bisogna negar l’anima, ché l’omuncolismo non è conciliabile con l’anima. Un’epoca in cui per la psicologia può esser sorta la parola d’ordine “psicologia senz’anima”, deve anche produrre, per un segreto impulso della vita umana, l’omuncolismo. Un’epoca in cui si dice che l’uomo sia soltanto ciò ch’è da riconoscere con le ordinarie forze legate al sistema nervoso, mostrerà pure nella maggioranza dei suoi uomini caratteristiche di omuncoli” ((R.Steiner: Homunculus in Archivio storico della rivista “Antroposofia” – Antroposofica, Milano 1998, vol.III, p.91).
30/07/2004
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