16/06/2005

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Il risultato del referendum sulla cosiddetta “procreazione assistita” rappresenta una solenne bocciatura di tutti quei “soliti noti” scienziati (tipo Veronesi, Dulbecco o la Montalcini), che hanno profuso il loro impegno a favore del “sì”.
Nel nostro piccolo, li avevamo però avvertiti.
Nella “noterella” del 19 marzo 2004, ad esempio, commentando la piena assoluzione di Piero Angela, querelato per aver asserito, nel corso di un suo servizio, che “l’omeopatia non è una cosa seria”, che i farmaci omeopatici sono “acqua fresca” e che “possono provocare anche reazioni allergiche” (come può capitare – è notorio – con l’acqua fresca), avevamo scritto: “Si teme forse che queste parole abbiano la meglio sui fatti? I sempre più numerosi pazienti che si rivolgono alla medicina omeopatica o a quella antroposofica non stanno già a dimostrare che le persone sono molto più accorte di coloro che si affannano a fare simili discorsi? E che i benefici ottenuti da ognuno di essi valgono, agli occhi degli altri, più di mille prediche? La sola cosa che stupisce, in verità, è come facciano i loro autori a non rendersi conto di esporsi così allo scherno di quanti, per propria o altrui esperienza, conoscono i pregi e i limiti di tali medicine”.
Non solo, ma nella “noterella” del 13 marzo 2005 avevamo anche osservato che settanta milioni di europei e sette milioni e mezzo di italiani in tanto utilizzano i farmaci omeopatici in quanto li trovano “praticamente efficaci infischiandosene del fatto che – secondo fisici e chimici – non dovrebbero, in teoria o stando ai calcoli, esserlo”.
Nessuna meraviglia, dunque, se la stragrande maggioranza degli italiani (il 74,1% degli aventi diritto al voto) ha mostrato adesso di infischiarsene dell’invito, da parte degli stessi “soliti noti”, a votare “sì”.
Dice bene Giorgio Israel: “Se “bigotto” è colui che aderisce a un complesso di principi preconcetti in modo cieco, senza ammettere neppure in linea di principio la possibilità di un loro ripensamento critico, e se “clericale” è colui che si trincera all’interno di una corporazione che difende con tutti i mezzi lo status (ed eventualmente i privilegi) dei bigotti di cui sopra, pochi hanno il titolo ad essere proclamati “bigotti-clericali” come gli scientisti di cui sopra. Difatti – come ben si è visto in questi giorni – essi pongono all’indice tutti coloro che non aderiscono alla loro ristretta ideologia e mettono in opera tutti i mezzi del loro potere editoriale e accademico per impedire l’espressione delle idee che non condividono. La cosa forse più penosa è che costoro credono di possedere un’egemonia culturale – al di là di quella materiale che certamente in buona misura possiedono. Ma impallidirebbero se potessero leggere i messaggi circolati questi giorni per e-mail in ambiente scientifico (sì, scientifico), del genere: “No allo scientismo, no alla prepotenza”. Nella sua autoreferenzialità, questo clericalismo scientista non soltanto non si è reso conto di essere il principale responsabile di una colpa che imputa agli altri: e cioè di diffondere una visione striminzita, meschina e tecnicistica della scienza che è la vera radice della decadenza della cultura scientifica in Italia (di cui è manifestazione la caduta di iscrizioni alle facoltà scientifiche universitarie; ma non si è neppure reso conto della sua crescente impopolarità” (Il Foglio, 15 giugno 2005).
Due soli appunti a Israel: perché non dire a chiare lettere che il bigottismo e il clericalismo scientistici sono frutto in primo luogo del materialismo? E perché non considerare che l’italico sentire “umanistico” può sì, da solo, resistere alla scienza materialistica, ma non già opporle una diversa e più umana scienza?

P.S.
Edoardo Boncinelli cerca di correre subito ai ripari (Corriere della Sera, 15 giugno 2005) proponendo di distinguere le responsabilità dei “medici” (“hanno parlato quasi solo medici”) da quelle degli “scienziati” (e in specie dei biologi) e sostenendo, in modo salomonico, che la “colpa” di quanto successo è “un po’ di tutti, degli scienziati come dei nemici degli scienziati”. “Questi ultimi – scrive infatti – dovrebbero capire che sminuire la considerazione pubblica della scienza (e dell’implicito ricorso alla razionalità e alla controllabilità delle affermazioni) non giova a nessuno”.
Noi siamo però sicuri, riguardo allo “sminuire la considerazione pubblica della scienza”, che la scienza, se potesse parlare, direbbe: “Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io”.

Di Lucio Russo
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