06/10/2005

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Secondo lo storico Roberto Vivarelli – assertore, sulla scia del grande Erasmo, di una “responsabilità personale nella salvezza dell’anima” – il declino del liberalismo (a partire dal 1870) è stato determinato tanto da cause esterne (“la ripresa della tradizione conservatrice, il socialismo rivoluzionario, il nazionalismo”) quanto da cause interne al liberalismo stesso.
Esso, infatti, “non aveva radici religiose proprie, ma si fondava nella tradizione cristiana, e il disagio che in quel torno di tempo soffrì non corrispose, come spesso si è detto, ad una crisi della ragione, bensì proprio a una crisi della fede”; crisi che accentuarono “sia, da un lato, la presunzione positivistica (che riproponeva in modo radicale i temi della secolarizzazione) di una realtà tutta contenuta nella dimensione naturale; sia, dall’altro, una lettura dogmatica dell’esperienza cristiana che si opponeva all’uso del metodo critico, quasi che la ragione umana non fosse anch’essa un dono di Dio”.
Ciò che dunque mancò, “per porre un valido argine all’irrompere del materialismo e impedire che il progresso materiale fosse tutto riassunto entro quei ristretti confini, fu soprattutto la capacità di ripensare l’esperienza cristiana per farne non tanto, o non soltanto, una “religion of the heart”, quanto una “religion of the mind”, in grado di confrontarsi con il mondo moderno e discriminare al suo interno il grano dal loglio, riconoscendo in quanta parte quel mondo era il frutto di radici cristiane” (R.Vivarelli: I caratteri dell’età contemporanea – il Mulino, Bologna 2005, pp. 25, 130, 131, 137 e 140).
Segnaliamo questi pensieri, vuoi a quanti hanno avuto la bontà di leggere le diverse note (e noterelle) che abbiamo dedicato alla modernità, al cattolicesimo e al liberalismo (e in specie al suo mancato sviluppo nella direzione indicata, sia da La filosofia della libertà, sia da I punti essenziali della questione sociale), vuoi a quanti, soprattutto, hanno presenti le seguenti (e da noi più volte citate) parole di Steiner: “Partendo dal 1848 e aggiungendo 33 anni si arriva al 1878, e questo era all’incirca l’anno fino al quale fu lasciato tempo all’umanità per penetrare le idee sbocciate nel decennio 1840-1850. Nell’evoluzione storica moderna è straordinariamente importante tener presente i tre o quattro decenni ricordati, perché proprio su di essi l’uomo odierno deve raggiungere la massima chiarezza, deve divenire cioè cosciente del fatto che tra il 1840 e il 1850 cominciarono a fluire nell’umanità in forma astratta le cosiddette idee liberali, e che all’umanità, per afferrarle e trasformarle in realtà, fu concesso tempo fin verso il 1880. La borghesia era portatrice di queste idee, ma essa mancò l’occasione di realizzarle” (R.Steiner: Lo studio dei sintomi storici – Antroposofica, Milano 1961, pp. 87-88).

Di Lucio Russo
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