Antropologia (30)

A

Cominciamo subito a leggere.

Dice Steiner: “Quando studiamo il corpo umano, dobbiamo esaminare le sue relazioni col mondo fisico-sensibile circostante col quale il corpo stesso sta in rapporto continuo di scambi reciproci che mantengono l’organismo. Se gettiamo uno sguardo sul mondo fisico-sensibile che ci circonda, vi percepiamo dei minerali, dei vegetali e degli animali” (p. 169).

Vi percepiamo, cioè, quanto è presente anche nell’uomo quale corpo minerale (osseo), quale corpo vegetale (vegetativo) e quale corpo animale (psichico). E sappiamo (da La scienza occulta) che mentre l’evoluzione dell’uomo comincia nella fase antico-saturnia, l’evoluzione degli animali comincia nella fase antico-solare, quella dei vegetali nella fase antico-lunare, e quella dei minerali nell’attuale fase terrena: sappiamo, ossia, che l’uomo è il “primogenito” o l’essere più antico.
Ma è tutto l’uomo (l’intero suo corpo) a essere il più antico, o soltanto una sua parte? E se sì, quale?

Dice Steiner: “Prendiamo le mosse da quello che nell’uomo appare come la parte più perfetta (abbiamo già visto come stanno le cose in realtà), cioè dal sistema del cervello e dei nervi che è collegato con gli organi dei sensi. Abbiamo in questo sistema la parte dell’organismo umano che ha dietro di sé il più lungo periodo di evoluzione, cosicché si è sviluppata oltre la forma alla quale, evolvendosi, è giunto il mondo animale” (pp. 169-170).

La parte più antica dell’uomo è dunque la testa. Abbiamo appena ricordato, infatti, che la testa dell’uomo origina dall’evoluzione dell’antico-Saturno, mentre quella dell’animale origina da quella successiva dell’antico-Sole.

Dice Steiner: “Dobbiamo ora chiarire che cosa accada veramente quando la testa sta in rapporto di azione reciproca con gli organi del tronco e con gli arti. Dobbiamo rispondere a questa domanda: Che cosa fa propriamente la testa, quando compie il suo lavoro in connessione col sistema del petto e del tronco e col sistema degli arti? Il suo lavoro consiste nel formare, nel modellare continuamente (…) La testa e la configurazione della forma umana sono in stretta connessione fra loro. Ma possiamo forse dire che la testa formi la nostra vera e propria figura umana? No, essa non fa questo. Dovete ora accogliere l’idea che la testa cerca, continuamente e misteriosamente, di fare di voi qualcosa di diverso da quello che siete. Vi sono dei momenti in cui la testa vorrebbe configurarvi in modo da farvi apparire dei lupi. Vi sono altri momenti in cui la testa vorrebbe plasmarvi in maniera da sembrare degli agnelli. Altri momenti ancora in cui vorrebbe fare di voi dei vermi, dei draghi. Voi trovate fuori, nella natura, le differenti forme animali che la vostra testa progetta di realizzare con voi stessi. Se considerate il regno animale, potrete dirvi: io stesso sono tale, ma il mio sistema del tronco e gli arti mi rendono il servizio di trasformare continuamente in forma umana le forme d’animali che la testa vuol plasmare. Essi superano continuamente quanto di animalesco vi è nell’uomo; lo dominano in modo che non lo lasciano arrivare a realizzarsi” (pp. 170-171).

Abbiamo appreso, studiando La filosofia della libertà, che il volere è “forza”, mentre il pensiero è “forma”; non ci dovrebbe perciò meravigliare che il lavoro della testa (sede del pensare) consista “nel formare, nel modellare continuamente”; come non ci dovrebbe meravigliare che non sia la testa a formare la “nostra vera e propria figura umana”. Questa è opera infatti dell’Io, e la testa non ne è che una parte (la “più perfetta”).
E’ opportuno ricordarlo, perché viviamo in tempi di “cefalocentrismo”: ossia, in tempi in cui molti “hanno perso la testa” per la testa.
Ma che cosa vuol dire “idolatrare” la testa? Vuol dire rinunciare a umanizzarla, permettendole così di “animalizzarci”. Ma in che senso ci “animalizza”?
Per rispondere a questo interrogativo, dobbiamo ricordarci che il minerale è spazio, il vegetale è tempo e l’animale è qualità. La specie è infatti qualità, e quindi concetto. E che cos’è il concetto? E’ l’”Io di gruppo” o la legge che determina o governa il comportamento animale (scrive Hegel, nella Enciclopedia delle scienze filosofiche: “L’organismo animale, come universalità vivente, è il concetto (…) Esso rappresenta il concetto nelle sue determinazioni sviluppate e in quanto esistono in lui”).
La testa “animalizza” dunque l’uomo riducendo l’Io individuale (che non risiede in essa, e che trascende la sfera astrale dei concetti) a Io di gruppo o specie.
Sul piano fisico, ad esempio, “specie” sono i longilinei, i brevilinei e i normolinei; sul piano eterico, “specie” sono i collerici, i flemmatici, i melanconici e i sanguigni; e, su quello astrale, ancora “specie” sono gli stenici (estroversi) e gli astenici (introversi). Solo l’Io non è “specie”, poiché è individuale, e per ciò stesso inclassificabile.
Ma non è tutto. “Specie”, infatti, sono anche (sul piano spirituale) i materialisti, i sensisti, i fenomenisti, i realisti, i dinamisti, i monadisti, gli spiritualisti, gli pneumatisti, gli psichisti, gli idealisti, i razionalisti e i matematisti: vale a dire, coloro che s’identificano con una di quelle dodici visioni o concezioni del mondo di cui parla Steiner in Pensiero umano e pensiero cosmico (Estrella de Oriente, Trento 2004 – ndr).
Più o meno inconsciamente l’uno dice, ad esempio: “Sono materialista, dunque sono”, così come l’altro dice invece: “Sono spiritualista, dunque sono”. Entrambi scambiano quindi l’idea per l’Io, divenendone per questo schiavi (e cominciando magari ad azzuffarsi tra loro come fanno, non a caso, “cani e gatti”).
Non mi stancherò mai di ricordare, al riguardo, che Steiner conclude La filosofia della libertà con queste parole: “Questo libro non concepisce perciò il rapporto fra scienza e vita nel senso che l’uomo debba piegarsi all’idea e consacrare le proprie forze al suo servizio, ma nel senso che egli debba impadronirsi del mondo delle idee per adoperarlo per i propri fini umani, i quali vanno al di là di quelli puramente scientifici. Dobbiamo poterci mettere di fronte all’idea in modo vivente; altrimenti si diventa schiavi di essa”.
Parliamoci chiaro: chi non capisce questo, non capisce l’antroposofia, e si troverà pertanto a dire (anche lui più o meno inconsciamente): “Sono antroposofo, dunque sono”.
Che cosa direbbe, invece, uno “spirito libero”, un Io? “Sono, dunque sono antroposofo”.
Ascoltate, in proposito, quanto afferma Steiner (in Dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1985 – ndr): “Se mi è concessa una parola schietta, che cosa infatti potrebbe darmi maggior gioia? Ho la massima gioia perché un uomo, con forza autonoma, in modo indipendente, attingendo a se stesso, libero, senza attenersi direttamente solo a ciò che io dico, ma sulla base delle proprie capacità, espone le cose basandole sulle cose stesse. Chi vuol lavorare liberamente, di null’altro si rallegrerà quanto d’una personalità indipendente che lavori spalla a spalla con lui e dia quel che è in grado di dare, dopo aver riconosciuto la sua connessione con l’insieme”.
Potremmo dunque dire, riprendendo il nostro passo, che uno spirito libero (un Io) non s’identifica mai con un lupo, con un agnello, con un verme o con un drago, bensì si serve di ciascuna di queste forze e qualità in funzione delle diverse esigenze che gli pone di volta in volta la realtà (non si legge, in Matteo: “Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe”?).

Risposta a una domanda
Vede, quando Jung parla degli “archetipi in sé”, parla di entità che sono in grado di determinare (inconsciamente) il nostro comportamento. Certo, quello di Jung non è uno zoo (uno zodiaco) in cui vivono lupi, agnelli, vermi o draghi, ma una sorta di Pantheon in cui abitano, ad esempio, l’Anima, l’Animus, il Puer o il Senex. Ma il risultato non cambia. Come, infatti, “vi sono dei momenti – secondo quanto dice Steiner – in cui la testa vorrebbe configurarvi in modo da farvi apparire dei lupi”, così vi sono delle fasi della vita (se non perfino delle vite intere) – come sostiene Jung – in cui l’archetipo, che so, del Puer vorrebbe configurarci in modo da farci apparire degli eterni ragazzini. Jung – a differenza di Steiner – non è arrivato però a scoprire che gli “archetipi in sé” sono concetti viventi, che i concetti viventi sono entità spirituali, e che tali entità (presenti nella testa dell’uomo) governano, in natura, quali Io di gruppo, il mondo animale.
Dobbiamo stare comunque attenti a non confondere l’animalità di cui parla qui Steiner con quella che siamo soliti attribuire, non alla testa, ma alle cosiddette “parti basse”. Come ho detto poc’anzi, l’animalità della testa significa infatti unilateralità e specializzazione: insomma, pars (ego), e non toto (Io). Senta quanto scrive per l’appunto Steiner: “Tutte le qualità sono unilaterali, e si deve riconoscere in che sono tali, e cercare di armonizzarle” (Iniziazione e misteri – Rocco, Napoli 1953 – ndr).

Risposta a una domanda
Consideri che l’antroposofia, essendo, per così dire, un “esoterismo essoterico” o un “essoterismo esoterico”, non viene compresa (schematizzando), vuoi da quanti ne stimano, da “destra”, soprattutto l’aspetto esoterico, vuoi da quanti ne stimano, da “sinistra”, soprattutto l’aspetto essoterico. I primi, in quanto animati, più o meno inconsciamente, dallo spirito dell’irrazionalismo, tendono a “mitizzarla”, mentre i secondi, in quanto animati, più o meno inconsciamente, dallo spirito dell’intellettualismo tendono a “formalizzarla”.
Come vede, negli uni si dà un difetto d’intelletto, negli altri un eccesso. Ed è proprio per questo che non riescono a capire l’antroposofia. Nel nostro tempo – scrive infatti Steiner (sempre in Iniziazione e misteri) “non c’è vera Iniziazione, che non passi per l’intelletto. Chi vuole oggi condurre agli “arcani superiori” evitando di passare per l’intelletto, non capisce nulla dei “segni dei tempi” e non può far altro che porre suggestioni nuove al posto delle antiche”. Sempre Steiner afferma inoltre (ne Il divenire dell’uomo – Antroposofica, Milano 2007 – ndr): “E’ particolarmente importante che vi siano persone in grado di comprendere con l’intelletto le conoscenze della scienza dello spirito, la conoscenza che viene cercata in mondi soprasensibili. Oggi la comprensione razionale, intellettuale, della scienza dello spirito è straordinariamente necessaria, perché è proprio questo il mezzo per avere ragione delle potenze culturali più resistenti. L’intelletto degli uomini, oggi, è talmente capace che tutta la scienza dello spirito può venir compresa, solo a volerlo”. Può essere interessante ricordare, in proposito, ciò che disse Adolf Hitler a Hermann Rauschning: “Dobbiamo diffidare dell’intelletto e della coscienza e avere fiducia negli istinti. Dobbiamo riconquistare una nuova ingenuità. Veniamo etichettati come nemici dell’intelletto. Sissignore, lo siamo” – H.Rauschning: Colloqui con Hitler – Tre Editori, Roma 1996 – ndr).
Ma torniamo a noi.

Dice Steiner: “Forme animali soprasensibili si muovono continuamente nell’uomo, e vengono disciolte. Che cosa accadrebbe se vi fosse un fotografo soprasensibile, capace di fissare questo processo, cioè di registrare le fasi dell’intero processo su delle lastre fotografiche? Che cosa si vedrebbe su queste lastre? Si vedrebbero i pensieri dell’uomo (…) Questa continua metamorfosi di quanto di animalesco scorre dalla testa verso il basso, non viene ad espressione sul piano fisico, ma agisce nell’uomo in modo soprasensibile, dando luogo al processo del pensiero (…) La testa non è soltanto quella pigrona che riposa sulle vostre spalle, ma è anche quella parte di voi che vorrebbe trattenervi nell’animalità. Essa vi dà le forme dell’intero regno animale, e vorrebbe che questo regno sorgesse continuamente in voi. Ma voi, per mezzo del vostro tronco e dei vostri arti, non permettete che attraverso di voi, nel corso della vostra vita, sorga un intero regno animale; voi trasformate invece questo regno animale nei vostri pensieri” (pp. 171-172).

Il che significa, alla luce di quanto abbiamo detto finora, che come impediamo, inconsapevolmente, ai concetti (agli “Io di gruppo” degli animali) di scorrere “dalla testa verso il basso”, di scendere cioè dal corpo astrale al corpo eterico e, mediante questo, al corpo fisico, così dovremmo impedire loro, consapevolmente, di salire dal corpo astrale all’Io, e di usurparne in tal modo il ruolo.

Dice Steiner: “Anche il sistema del tronco è in relazione col mondo circostante, ma non col regno animale, bensì con tutto l’insieme del mondo vegetale. Vi è una misteriosa relazione fra il tronco dell’uomo, il petto, e il mondo vegetale (…) Attraverso i suoi processi vitali, l’uomo inspira l’ossigeno e, unendolo col carbonio, produce l’anidride carbonica: se poi fosse in grado di separare nuovamente dentro di sé l’ossigeno e di espellerlo, elaborando però in sé il carbonio, che cosa sorgerebbe in lui? Il mondo vegetale (…) Questa facoltà esiste veramente nell’uomo: egli può creare continuamente un mondo vegetale. Soltanto, egli non lo lascia realizzare. Il suo sistema mediano, quello del tronco, ha fortemente la tendenza a produrre di continuo il mondo vegetale, ma la testa e gli arti vi si oppongono. E così l’uomo espelle l’anidride carbonica e non lascia sorgere in sé il regno delle piante. Fa sì che invece questo regno sorga fuori di lui dall’anidride carbonica” (pp. 172-173-174).

Alcune entità sono dunque attive (in forma di pensieri) nella sfera della testa (del corpo astrale-animale), altre entità sono attive (in forma di sentimenti) nella sfera del tronco (del corpo eterico-vegetale), e altre ancora – come vedremo tra poco – sono attive (in forma d’impulsi volitivi) nella sfera degli arti (del corpo fisico-minerale). Prescindendo da quelle cosiddette “elementari”, possiamo mettere quindi in rapporto tali entità, rispettivamente, con la terza, con la seconda e con la prima Gerarchia.
Ascoltate, infatti, quanto scrive Steiner, nelle sue Massime: “La terza gerarchia si manifesta come puro animico-spirituale. Essa opera in ciò che l’uomo sperimenta in modo animico del tutto intimamente (…) La seconda gerarchia si manifesta come un animico-spirituale che agisce nell’eterico. Tutto ciò che è eterico è manifestazione della seconda gerarchia. Essa però non si manifesta immediatamente nel fisico (…) La prima gerarchia, la più forte, si manifesta come ciò che è spiritualmente operante nel fisico. Essa forma a cosmo il mondo fisico. La terza e la seconda gerarchia sono qui le entità serventi”.
Dunque, come il tronco e gli arti impediscono alle forme animali attive nella testa di prendere, per così dire, “corpo”, così la testa e gli arti, a loro volta, impediscono alle forme vegetali attive nel tronco di fare altrettanto.
Ho parlato, poco fa, di pensieri, di sentimenti e d’impulsi volitivi. Non dimentichiamoci, però, che Steiner, in questa conferenza, intende mettere in luce soprattutto l’aspetto corporeo o fisiologico di queste dinamiche: vale a dire, la loro manifestazione eterico-fisica.

Dice Steiner: “Che cosa accade quando il regno vegetale nell’uomo comincia a comportarsi male, e la testa e gli arti non hanno la forza di soffocarlo e di espellerlo? Allora l’uomo cade ammalato. Le malattie interne che provengono dal sistema del petto e del tronco sorgono, in sostanza, dal fatto che l’uomo è troppo debole per impedire prontamente il nascere, entro di sé, del mondo vegetale (…) Cosicché l’essenza dei processi patologici va cercata nel fatto che delle piante cominciano a crescere entro l’uomo (…) Rivolgendo dunque lo sguardo sull’intero mondo vegetale che ci circonda, potremo dirci: in un certo senso, quel mondo di piante ci offre anche l’immagine di tutte le nostre malattie” (pp. 174-175).

Volendo cavarcela con una battuta, potremmo dire: sono belle e buone le rose che fioriscono fuori di noi, ma non quelle che fioriscono dentro di noi.
C’è comunque da sottolineare, battute a parte, che, riflettendo bene su questi processi, si può capire in che modo e per quale ragione – come si legge ne La scienza occulta – il regno animale, il regno vegetale e il regno minerale siano regni che derivano (per “espulsione” o “rigetto”) da quello umano.

Dice Steiner: “Anche con la nutrizione l’uomo accoglie in sé le sostanze del mondo circostante, ma non le lascia sussistere come sono, bensì le trasforma. Le trasforma proprio con l’ausilio dell’ossigeno inspirato con la respirazione. Le sostanze che l’uomo introduce in sé con la nutrizione si uniscono, durante la trasformazione, con l’ossigeno. Ciò appare come un processo di combustione, come se l’uomo bruciasse continuamente nel suo interno. E’ quello che afferma spesso anche la scienza: che nell’uomo si svolge un processo di combustione. Ma ciò non è vero. Quello che si verifica nell’uomo non è un vero e proprio processo di combustione, ma – fate bene attenzione – è un processo di combustione al quale manca il principio e manca la fine: vi è solo la fase intermedia. Nel corpo umano non devono mai aver luogo né il principio né la fine del processo di combustione” (pp. 175-176).

Che cosa dobbiamo intendere per “fase intermedia” di un processo di combustione? Steiner stesso lo esemplifica così: nel frutto acerbo, abbiamo il “principio” del processo di combustione; nel frutto marcio, la “fine”. E tutti sappiamo come sia salutare che l’uomo si cibi di frutti maturi, e dunque né acerbi né marci. Per digerire i primi dovrebbe infatti impegnare troppo il suo organismo di calore, mentre per digerire i secondi dovrebbe impegnarlo troppo poco.
Dicevano i greci: “In medio stat virtus”; e, come si vede, è appunto, “in medio” (tra l’acerbo e il marcio) che sta, come sempre, l’umano.

Dice Steiner: “Esaminiamo la respirazione: essa è l’opposto di tutto quello che si svolge fuori nel mondo vegetale (che assorbe e non espelle l’anidride carbonica – nda). E’ una specie di anti-regno vegetale, e si collega interiormente col processo della nutrizione, che a sua volta è la fase intermedia di un processo di combustione. Due diversi fenomeni si svolgono dunque nel nostro petto, nel nostro tronco. Questo processo “anti-vegetale”, che ha luogo mediante la respirazione, agisce in collaborazione con la fase intermedia degli altri fenomeni naturali esteriori. Queste due attività influiscono reciprocamente l’una sull’altra. E qui, vedete, s’incontrano l’anima e il corpo. Qui opera il misterioso rapporto fra l’anima e il corpo. Quando ciò che si svolge durante il processo di respirazione si collega con quella serie di fenomeni naturali, di cui soltanto la fase intermedia si compie nel corpo umano, allora l’elemento animico, che è l’anti-processo vegetale, entra in contatto con ciò che si è trasformato in elemento corporeo umano e che è sempre la fase mediana dei processi naturali” (pp. 176-177).

Ha ben ragione, Steiner, di asserire che questo è di “enorme importanza”. Abbiamo qui infatti la chiave per comprendere la genesi dei disturbi cosiddetti “psico-somatici”: di quei disturbi, cioè, che non possono essere ovviamente compresi, né da chi considera reale soltanto la psiche, né da chi considera reale soltanto il corpo, e nemmeno da chi, non sapendo spiegarsi il loro rapporto reciproco, parla – come fa ad esempio Freud – di un “misterioso salto dalla mente al corpo”.
Dal punto di vista animico, abbiamo visto che il processo “anti-vegetale” è quello del sentire, mentre il processo di “combustione” è quello del volere. Dove “l’anti-processo vegetale, entra in contatto con ciò che si è trasformato in elemento corporeo umano e che è sempre la fase mediana dei processi naturali”, è dunque il sentire a entrare in contatto col volere, come accade quando siamo mossi, col frazionarsi dell’inspirazione, al pianto o, col frazionarsi dell’espirazione, al riso (cfr. R.Steiner: L’uomo si esprime nel linguaggio, nel riso e nel pianto – Antroposofica, Milano 1984 – ndr).
Abbiamo fatto tardi. Continueremo giovedì prossimo.

Roma, 8 giugno 2000

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Di Lucio Russo
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