25/06/2010

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Chi segue il nostro lavoro sa che ci siamo più volte occupati del genetista Edoardo Boncinelli (in particolare, ne Il cervello, la mente e l’anima, 12 dicembre, 2001). Vogliamo ora dedicargli questa “noterella”, giacché abbiamo letto un altro suo libro, intitolato: Mi ritorno in mente – Il corpo, le emozioni, la coscienza (Longanesi, Milano 2010).
Il libro si apre con queste parole: “L’uomo è l’unico essere che dice “io” e che, forse, è capace di pensare “io”. Tutti parliamo dicendo “io”: “Io dico, io faccio, io penso”. E sappiamo cosa diciamo. Anche io dico “io”, e so che cosa intendo. Talvolta tiro in ballo il concetto di coscienza, perché sento di potermi quasi sempre identificare con la mia coscienza. Io vivo certamente nel mondo, nel mio corpo e col mio corpo. Ma che rapporto ho con il mio corpo? Con il mondo? Con me stesso? Queste sono le domande alle quali vuole rispondere questo libro, un libro rivolto a tutti gli io del mondo, una sorta di indagine spregiudicata sulla coscienza – “che vive e sente e sé in sé rigira” per dirla con Dante – sulle sue province e sui suoi rapporti con tutto il resto” (p. 7).
E si chiude con queste altre: “Come rispondere allora al leopardiano “Ed io che sono?”. Possiamo azzardare qualche risposta, lunga, breve o brevissima (…) La risposta brevissima è, come dovrebbe sempre essere: probabilmente non lo so” (pp. 249-250).
Come avevamo già riconosciuto, parlando di un suo precedente lavoro (cfr., Elefanti e chincaglieria, 15 novembre 2008), che non è facile riempire circa 150 pagine per spiegare “come nascono le idee” senza sapere “che cos’è un’idea”, così dobbiamo adesso riconoscere ch’è ancor meno facile riempirne 250 per rispondere alla domanda “io che sono?” senza sapere che cos’è l’io.
Avremmo comunque apprezzato questo suo “sapere di non sapere”, se non ci fossimo imbattuti in questa sua ben poco “socratica” affermazione: “Chi pensava che dietro il pensiero, la memoria e anche la creatività si nascondesse chissà che cosa, è rimasto piuttosto deluso: non si tratta che di una selva – ordinata per dire la verità – di onde elettriche che si inseguono e si intrecciano” (p. 29).
Convinto che le cose stiano così (e che ciò che permette e favorisce l’amore, tanto per dirne un’altra, sia “un insieme di meccanismi e di circuiti nervosi che scattano al momento opportuno con il coinvolgimento di alcuni ormoni e neuromodulatori”) (pp. 157-158), Boncinelli non ci parla allora dell’io, bensì del cervello e del sistema neuro-sensoriale (così come oggi ne parlano la neurobiologia, animale e umana, l’etologia, la psicologia sperimentale e l’intelligenza artificiale) (p. 61), finendo così col somigliare, suo malgrado, a un autore che, dopo aver annunciato di volerci parlare, che so, di Michael Schumacher o di Fernando Alonso, ci parli invece (con indubbia competenza) di com’è fatta e di come funziona una Ferrari. Il che – se ne converrà – non è proprio la stessa cosa.
“Nel quadro delle moderne neuroscienze – ricorda infatti Boncinelli – non si trova alcuna struttura funzionale biologica che possa corrispondere a un ipotetico io, nemmeno in senso traslato, e ciò crea problemi serissimi per tutta la trattazione del soggetto” (p. 13); e aggiunge: “Può darsi che con il tempo arriveremo a persuaderci che lo studio della mente non può seguire i modi e i tempi di ogni altra ricerca di tipo naturalistico…” (p. 18).
Rassegniamoci dunque ad aspettare che si arrivi prima o poi alla persuasione (ovvia, per chi non sia condizionato dalla metafisica materialista) che lo studio della realtà extrasensibile “non può seguire i modi e i tempi” di quella sensibile né, tantomeno, essere ridotto a questa.

P.S.
Una curiosità, riguardo al titolo: si sarà reso conto Boncinelli che come al “mi ritorni in mente” della celebre canzone di Lucio Battisti segue un “bella come sei”, così al suo “mi ritorno in mente” dovrebbe seguire un “bello come sono”?

Di Lucio Russo
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