28/12/2016

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In un articolo titolato La fine dell’assoluto, Edoardo Boncinelli scrive: “Nel periodo storico che comprende la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento la pavimentazione stessa delle strade che portano alla conoscenza è stata smantellata e rifatta di sana pianta, grazie alla perdita di alcuni assoluti, diretti discendenti di quegli idola di cui parlava a suo tempo Bacone: Charles Darwin caccia a pedate l’idea di finalità dalla storia della vita; Albert Einstein scuote dalle fondamenta i concetti di tempo assoluto, di spazio assoluto e di contemporaneità, finendo per allacciare tra loro massa ed energia prima, e spazio, tempo e gravitazione dopo; la meccanica quantistica, da parte sua, assesta colpi mortali all’idea di causa, d’identità, di continuità e di determinismo, oltre che a quella di predizione, anche limitata a una questione di principio” (*).
A noi pare, tuttavia, che “la pavimentazione delle strade che portano alla conoscenza sia stata smantellata e rifatta di sana pianta”, grazie non alla “perdita” di alcuni assoluti, bensì alla “sostituzione” di quelli con altri, camuffati da “relativi”.
Considerando, come dice Goethe, che “solo ciò che è fecondo è vero”, la domanda da porsi è questa: la nuova pavimentazione è migliore o peggiore di quella smantellata? Rende più sicuro o incerto il cammino conoscitivo (e autoconoscitivo) dell’umanità?
Il Galileo di Bertolt Brecht (rivolgendosi ad Andrea Sarti) così dice: “Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo. E quando, coll’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanarsi dall’umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale…” (**).
Brecht non poteva di certo immaginare, da marxista, che la scienza “può rimanere fiaccata per sempre”, anche quando “gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti” che sono dentro, e non fuori, di loro: che sono cioè nell’inconscio, e non nel conscio.
“E’ degno di nota – osserva Steiner – come proprio negli ultimi secoli, e soprattutto alla svolta fra il diciannovesimo e il ventesimo [lo stesso periodo cui si riferisce Boncinelli], l’umanità abbia tanto insistito sul suo progresso intellettuale, sulle sue conquiste scientifiche, e come invece mai quanto in questo tempo sia tanto diffusa la vita inconscia e istintiva, come sempre più nel nostro presente l’elemento istintivo e inconscio abbia afferrato gli uomini” (***).
Come sta dunque rispondendo l’umanità agli attuali “eureka” degli “uomini di scienza”?
Bastino a dirlo i seguenti dati:
– secondo uno studio condotto nel 2011 dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, oltre undici milioni di italiani hanno fatto uso di ansiolitici, antidepressivi e tranquillanti;
– sempre in Italia, dal 2000 al 2008, il consumo di psicofarmaci è aumentato del 310%;
– in Europa, 60 milioni di persone soffrono di depressione;
– secondo il Center for disease control and prevention, negli Stati Uniti tra il 1994 e il 2014 il numero dei suicidi è aumentato del 24%;
– l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) prevede che la depressione, dopo quella prodotta dalle patologie cardiache, costituirà, nel 2020, la seconda causa di disabilità nel mondo.
Si rifletta, dunque, su queste due affermazioni di Steiner:
“Oggi, da più parti, si chiama scienza non ciò che chiarisce il mondo – “chiarire” viene dalla chiarezza della luce -, oggi si chiama scienza ciò che non chiarisce, ma oscura, ottenebra” (****);
“L’ordine sorgerà dal caos attuale solo quando si comprenderà da che cosa proviene il caos. Esso nasce da una comprensione non spirituale della realtà, proprio da una comprensione non spirituale della realtà. Non si ignora impunemente il mondo spirituale (…) Lo si chiami pure egoismo degli spiriti: essi comunque si vendicano se qui vengono ignorati” (*****).
(James Hillman: “Noi prendiamo ispirazione dalle parole di Jung: “Gli Dei sono diventati malattie”” [******].)

(*) Corriere Della Sera/LA LETTURA, 24 aprile 2016.
(**) B.Brecht: Vita di Galileo in Teatro – Einaudi, Torino 1978, vol. II, pp.1517-1518.
(***) R.Steiner: La caduta degli spiriti delle tenebre – Antroposofica, Milano 1997, p. 11.
(****) R.Steiner: Il nesso del mondo stellare verso l’uomo e dell’uomo verso il mondo spirituale – Antroposofica, Milano 2016, p. 141.
(*****) R.Steiner: La caduta degli spiriti delle tenebre, p. 13.
(******) J.Hillman: Ananke e Atena in La vana fuga dagli Dei – Adelphi, Milano 1991, pp. 93.

Di Lucio Russo
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