21/04/2003

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Abbiamo avuto l’Europa dei sei (1951), dei nove (1973), dei dieci (1981), dei dodici (1986), dei quindici (1995), siamo prossimi ad avere quella dei venticinque (2004), ma non sappiamo ancora se riusciremo mai ad avere l’Europa del concetto, e non soltanto del numero: ossia, l’Europa della qualità, e non soltanto della quantità. Se il numero (secondo quanto abbiamo tentato di mostrare nella nota Concetto e numero del 20 febbraio 2002) è infatti il “cadavere” del concetto, ciò vuol dire allora che l’Europa del numero o della quantità (dell’euro e dei formalismi giuridici) è il “cadavere” dell’Europa del concetto o della qualità, e che è quindi destinata, come tutti i cadaveri, a decomporsi.
Fatto si è che soltanto lo spirito può dare all’Europa una vita e un’anima, e renderla così qualitativa. Ma quale dovrebbe essere questo spirito? Quello del Cristo risorto: ovverosia, il solo spirito in grado di superare, comprendere e armonizzare, quale “terzo”, tanto il moderno materialismo occidentale (ispirato da Arimane) quanto il premoderno spiritualismo orientale (ispirato da Lucifero).
Scrive appunto Solov’ev: “L’universalismo cristiano non ha lo scopo di distruggere le peculiarità naturali di ogni nazione, ma viceversa di rafforzare lo spirito nazionale purificandolo da ogni fenomeno egoistico”; esso vuole infatti “raccogliere tutti attorno a uno, e attraverso uno riunire ciascuno con tutti” (V.Solov’ev: Islam ed ebraismo – La casa di Matriona, Seriate 2002, pp. 99 e 100).

Di Lucio Russo
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