Antroposofia e politica

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Sul Notiziario Weleda (1), appare un breve articolo di Iberto Bavastro (presidente dell’Editrice Antroposofica) intitolato: Antroposofia e politica.
Ci spiace davvero di non poterne condividere lo spirito e la sostanza, ma ci conforta, come in altre occasioni, il celebre detto di Aristotele: “Amicus Plato, sed magis amica veritas“.
Ma veniamo al sodo.
Sostiene Bavastro che la “chiusura politica” degli antroposofi “ha il suo preciso riferimento in una chiara frase che si trova nei cosiddetti “Principi” della Società Antroposofica: “La Società non considera la politica fra i suoi compiti””.
Dovrebbe essere ovvio, tuttavia, che la “Società”, in tanto “non considera la politica fra i suoi compiti”, in quanto considera suoi compiti diretti quelli spirituali o culturali e suoi compiti indiretti quelli politici o economici.
Ciò spiega il perché Steiner – come ricorda Bavastro – “si occupò attivamente di politica, prima con i “memorandum del 1917” e poi con l’attività almeno biennale per cercare di introdurre nella vita politica i principi della triarticolazione”.
Va però sottolineato che Steiner ha cercato d’introdurre “i principi della triarticolazione” nella vita sociale (vale a dire in quella culturale, giuridica ed economica), e non nella vita “politica”; sempre comunque ribadendo che “la triarticolazione è campata in aria senza l’antroposofia” (2).
Ma se l’intera “triarticolazione è campata in aria senza l’antroposofia”, ci si figuri quanto più lo sarebbe un risanamento dell’apparato spirituale o culturale che prescindesse dalla stessa e, in particolare, dalla sua idea della Polis (3).
“Va tenuto presente – scrive Bavastro – che il mondo non è solo fatto da antroposofi e che negli ultimi anni della sua attività Rudolf Steiner ci ha esortato a osservare il mondo, a vedere l’antroposofia non solo come una via da seguire per il proprio arricchimento, se vogliamo in una forma un po’ egoistica, ma ad aprirci a quello che fa il mondo”.
Orbene, non si può pretendere che al mondo siano tutti “antroposofi” (ossia, spiriti liberi), ma si può ragionevolmente pretendere che lo siano almeno quelli che si dichiarano tali. Se si fosse intesa La filosofia della libertà (4) si saprebbe infatti che Steiner, sin dai primi anni della sua attività, “ha esortato a osservare il mondo”, poiché la realtà non viene restituita né dal solo concetto né dalla sola percezione, ma dalla riunione o dalla sintesi dei due. Ciò implica, dunque, che si è nello spirito dell’antroposofia soltanto quando ci si arricchisce conoscendo il mondo e si arricchisce il mondo conoscendo sé stessi. Occorre quindi fare attenzione perché ci sono sì, da una parte, i tipi che vorrebbero servirsi dell’antroposofia per arricchirsi senza dover però conoscere (e arricchire) il mondo, ma ci sono pure, dall’altra, i tipi che vorrebbero servirsene per arricchire il mondo (per renderlo “migliore”) senza dover però conoscere (e arricchire) sé stessi; e sono appunto quest’ultimi che, nell’incapacità di sperimentare la “concretezza” o la “praticità” dell’impegno spirituale, cercano spesso un compenso nella concretezza o nella pratica dell’impegno politico (magari rinverdendo e riassaporando, col partecipare alle manifestazioni di massa e di piazza, sopiti entusiasmi giovanili) (5).
Superfluo dire che, in questo modo, non si sviluppa affatto il volere nel pensare, ma ci si limita ad affiancare all’astratta spiritualità del pensare il concreto attivismo del volere, lasciando così immutato il sentire.
Fatto si è che quello antroposofico dovrebbe essere innanzitutto un movimento spirituale o culturale capace, grazie alla forza delle proprie idee e della “persuasione” (Michelstaedter) e dedizione di coloro che se ne fanno liberamente portatori, d’influenzare, ispirare e trasformare la vita politica (poco badando – come dice Bavastro – al “dileggio” e alla “diffamazione” dei “signori” di questo mondo, poiché quel che importa è che un movimento non finisca con l’essere dileggiato e diffamato dai “signori” di quell’altro).
Così però non è, ed ecco allora che invece di lasciare – parafrasando il Vangelo – che i “No global” (apprezzati dall’autore) e tutti gli uomini di buona volontà vengano all’antroposofia (per poter integrare tale “buona volontà” con un “buon pensiero”), sono gli antroposofi ad andare ai partiti o ai movimenti, nella donchisciottesca illusione di riuscire così a condizionarli o modificarli dall’interno. E’ urgente il dovere – ha precisato infatti Steiner – “di cercare il vero progresso dell’umanità non in seno, ma fuori delle tradizioni di partito” (6).
Dice ancora Bavastro: “Di fronte all’oggettiva difficoltà di avviare a una soluzione i problemi oggi esistenti, la ragione potrebbe suggerire di fare tutti un passo indietro e risalire alle cause, con l’Occidente che rinunzia alla sua pretesa superiorità culturale e ai suoi interessi di dominio, per arrivare a una effettiva uguaglianza fra i due mondi sopra caratterizzati” (quello occidentale e quello in via di sviluppo o sottosviluppato – nda).
Non ce ne voglia Bavastro, ma a noi sembra che oggi gli unici disposti a “fare un passo indietro” siano proprio gli antroposofi: almeno nella misura in cui faticano a battersi con il necessario vigore sul piano delle idee, e soprattutto a far proprio, aprendogli le porte dell’anima, lo spirito che animava Steiner e il suo insegnamento (7).
Ci auguriamo insomma sia chiaro che non si tratta di stare da una parte o dall’altra né – come qualcuno sembra credere – al di sopra delle parti, bensì di avere la fermezza di stare tra le parti per tentare pazientemente e amorevolmente di comprenderne, accoglierne e armonizzarne le diverse e spesso contrastanti esigenze (dice infatti il saggio: “Quando non ci sono più destra e sinistra, e non c’è nemmeno il centro, quello allora è il centro”).

01) Notiziario Weleda, Primavera 2003 – n°79;
02) R.Steiner: Come si opera per la triarticolazione dell’organismo sociale – Antroposofica, Milano 1988, p. 205;
03) cfr. nota: Pensare la triarticolazione, 11 novembre 2002;
04) cfr. R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966;
05) cfr. G.Boriosi: Sta nascendo una nuova idea in “Antroposofia”, anno LVIII, n°1, Gennaio- Febbraio 2003;
06) R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale – Bocca, Milano 1950, p.156;
07) cfr. note: I retroscena del 666, 22 maggio 2002 e Del “prendersi sul serio”, 23 febbraio 2003.

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Di Francesco Giorgi
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