Sostiene Fabio Cavallari che l’interpretazione “di un Marx che concepirebbe la rivoluzione come semplice organizzazione della violenza (…) non ha fondamenti concreti e reali, ma è piuttosto una pericolosa mistificazione che andrebbe una volta per tutte chiarita” ( Tempi , 8-14 aprile 2004).
Nell’attesa che tale “pericolosa mistificazione” venga “una volta per tutte chiarita”, vorremmo invitare i nostri lettori a riflettere sulle seguenti affermazioni di Marx:
• “In realtà e per i materialisti pratici , ossia per i comunisti, si tratta di rivoluzionare il mondo esistente, di aggredire praticamente le cose precostituite e di mutarle ;
• “ Per noi il comunismo non è un sistema (Zustand) che debba venir istituito o un ideale secondo il quale la realtà debba essere diretta. Noi chiamiamo comunismo il movimento reale che toglie di mezzo il sistema attuale. Le condizioni di questo movimento risultano da presupposti attualmente esistenti ” (K.Marx: L’ideologia tedesca – Istituto Editoriale Italiano, Milano 1947, pp.50 e 63-64).
Il comunismo – stando a Marx – è dunque, in primo luogo, un movimento distruttivo che, aggredendo “praticamente le cose”, “toglie di mezzo il sistema attuale”, e non un ideale creativo “secondo il quale la realtà debba essere diretta”, orientata e mutata.
Sempre nell’attesa che la “pericolosa mistificazione” denunciata da Cavallari venga “una volta per tutte chiarita”, ci sia concesso di osservare che queste due affermazioni sarebbero già in grado di spiegare, da sole, il fallimento storico del comunismo o – come s’usa anche dire – del “socialismo reale”.
Solo chi avesse più interesse a distruggere che a creare (chi fosse cioè afflitto – direbbe Freud – dal “complesso di Eròstrato”) toglierebbe infatti di mezzo il sistema attuale, senza avere una previa e chiara idea del come sostituirlo. Ma non è proprio chi vuole anzitutto distruggere (come ad esempio i terroristi) a concepire “la rivoluzione come semplice organizzazione della violenza”?
Fatto sta che una cosa è il vedersi costretti a “distruggere” per amore del creare , altra il far credere di voler “creare”, o il vedersi costretti a “creare”, per la brama di distruggere (le rivoluzioni – diceva appunto Kafka – cominciano nel sangue e finiscono nella carta bollata).
Nemesi vuole, però, che quanto viene in tal modo forzosamente “creato”, continua fatalmente a distruggere, finendo prima o poi – come prova l’esperienza del comunismo sovietico – con l’ autodistruggersi .
Vorremmo dunque suggerire a chi voglia, non solo impiegare fruttuosamente l’arco di tempo che ci divide dal definitivo chiarimento della predetta “pericolosa mistificazione”, ma anche capire come sia possibile mutare il “mondo esistente” senza “aggredirlo” o violentarlo, di meditare (o di tornare a meditare) il dodicesimo capitolo de La filosofia della libertà , e, in particolare, le pagine in cui Steiner parla della “intuizione morale”, della “fantasia morale” e della “tecnica morale” (R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, pp. 163-164).
08/04/2004
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