Agonia dell’anima europea

A

Nella nota Cristo e Cristianesimo (1), avevamo distinto la realtà del Cristo da quella della coscienza del Cristo, rimarcando il fatto che quest’ultima ha finora avuto un carattere greco, ebraico e romano, ma non propriamente cristiano.
Ebbene, leggiamo adesso che il presidente del Senato, Marcello Pera, nella Lectio magistralis tenuta all’università Lateranense, ha denunciato il rischio – secondo quanto riporta Anna Maria Greco (2) – che l’Europa, per effetto della sua arrendevolezza, perda la propria “identità cristiana” e soccomba “alla sfida del terrorismo islamico”.
A questa denuncia, si è poi aggiunta quella del cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, che ha affermato – come riferisce sempre la Greco – che l’Europa “deve risvegliare la sua anima cristiana”, se non vuole condannarsi, a causa dell’”inaridimento delle anime”, della distruzione della “coscienza morale” e della minaccia dell’Islam, a un declino analogo a quello dell’”impero romano al tempo delle invasioni barbariche”.
Siamo tuttavia dell’avviso che l’Europa dovrebbe rispondere, a tali minacce, non tanto “risvegliando”, quanto piuttosto “rinnovando” (in senso scientifico-spirituale) la propria anima e la coscienza del Cristo (la Sophia del Cristo).
Gli europei hanno infatti realizzato una moderna vita politica ed economica, ma non ancora una moderna vita spirituale o religiosa: ovvero, una vita spirituale o religiosa basata sull’ “Io sono” o sull’individualità (spirituale).
L’Islam – dice ancora Ratzinger “è in grado di offrire una base spirituale per la vita dei popoli”; bene, e l’attuale Cristianesimo o, per meglio dire, le attuali Chiese cristiane sono forse in grado di offrire una base spirituale altrettanto valida per la vita dei singoli o degli individui?
Al riguardo, nella nota C’è un Dio per l’io? (3), abbiamo scritto: “Il Dio dell’Islam (Allah) e il Dio dell’Antico Testamento (Jhwh) garantiscono (…) ai musulmani e agli ebrei una forte “identità collettiva” (fondata nello spirito). Ebbene, c’è forse un Dio in grado di garantire, con altrettanta forza, una “identità individuale” (fondata nello spirito) agli europei e agli occidentali? Vale a dire un Dio che non chieda loro di rinunciare all’io, e quindi alla “modernità”?”.
Sarebbe in effetti ora di realizzare che vi è una strutturale (e sempre più perniciosa) contraddizione o lacerazione tra l’individualismo che anima (nel bene e nel male) la vita economico-politica della modernità e il collettivismo (confessionale) che non riesce più ad animare – come riconoscono anche Pera e Ratzinger – la sua vita spirituale o religiosa.
E non è proprio su questa contraddizione o lacerazione dell’anima europea che hanno fatto ieri leva i collettivismi ideologici del comunismo, del fascismo e del nazismo, e che fa oggi leva il collettivismo religioso islamico?
In termini scientifico spirituali, si potrebbe perfino sostenere che l’impulso dell’anima cosciente (della moderna autocoscienza) informa quasi esclusivamente la vita economica (e quelle della scienza e della tecnica a essa asservite), poiché la vita politica è informata da un impulso che sta tra l’anima cosciente e l’anima razionale o affettiva e la vita spirituale o religiosa è informata da un impulso che sta invece tra l’anima razionale o affettiva e l’anima senziente.
“La conoscenza scientifica, – osserva a questo proposito Steiner – che iniziò nel quinto periodo postatlantico con Galilei, Giordano Bruno, Keplero e Copernico (…) segue metodi scientifici e parte da un atteggiamento scientifico che rappresenta un elemento nuovo di fronte ai metodi e all’atteggiamento che esistevano nelle confessioni religiose provenienti dai tempi antichi (…) La scienza dello spirito che oggi voglia veramente essere al passo con la civiltà deve seguire gli stessi metodi conoscitivi della scienza” (4).
Si potrebbe dire, insomma, che il tallone d’Achille europeo è costituito in primo luogo dallo iato che separa la modernità della sua vita economico-politica dall’arcaicità della sua vita spirituale o religiosa.
E cosa ha tentato finora di fare la cosiddetta “cultura laica”, se non appunto di sopperire a questo anacronismo? Ma come lo ha tentato? Nel modo – ce lo si lasci dire – più insulso: non sviluppando, cioè, una propria libera spiritualità o religiosità, bensì lasciando questa nelle mani delle diverse e vecchie confessioni, per andare così a impelagarsi e smarrirsi nell’agnosticismo o nel materialismo.
Pera imputa infatti lo stato presente delle cose ai “cattivi maestri” del “relativismo” e Ratzinger individua invece “nell’inaridimento delle anime e nella distruzione della coscienza morale la “vera e propria catastrofe” che i sistemi comunisti hanno lasciato in eredità al vecchio continente”.
D’accordo, ma i “cattivi maestri” del relativismo e i “sistemi comunisti” non sono forse figli, rispettivamente, dell’agnosticismo e del materialismo? E quanti altri figli hanno partorito, e stanno tuttora partorendo, questi due ventri?
Ricordiamone il più orrendo (che nulla ha a che fare con l’Islam).
Scrive Ida Magli: “Nei giorni 28 e 30 aprile scorsi il nostro Giornale ha pubblicato due approfondite inchieste intitolate “Al mercato nero di organi e bambini” e “La clinica che vende gli organi dei neonati”. In queste inchieste si descrivono, con l’indicazione dei paesi, Albania, Grecia, Italia, Francia che vi sono coinvolti, tutti i mezzi messi in atto per fornire di “organi” il mercato dei trapianti. Si tratta di “orrori” che non hanno confronto con nessun tipo di orrori avvenuti nella lunghissima storia della crudeltà umana. Non hanno confronto perché ne è soggetto agente (colui che acquista) una persona “normale”, che fa uccidere, per la propria sopravvivenza, neonati e bambini, quegli stessi neonati e bambini che la nostra società finge di coccolare e proteggere. Orrori che non hanno confronto perché hanno come molla soltanto il denaro da parte di “operatori” normali: chirurghi, anestesisti, senza i quali non sono possibili né espianti né impianti. Come spiega dettagliatamente l’inchiesta del Giornale, gli organi vengono trasportati con la complicità delle polizie di confine, con la complicità di funzionari delle ambasciate armati di finte valigette diplomatiche, con finte adozioni che facilitano la scomparsa anagrafica dei bambini, con finti orfanotrofi dove una parte dei neonati, invece di essere uccisa subito, viene allevata per alcuni anni in modo da poter usufruire di organi adatti per gli adulti” (5).
Orbene, queste pratiche (che coinvolgerebbero ben tre paesi dell’Unione Europea) non sono forse conseguenza di quanto attualmente insegna quella scienza materialistica di cui menano vanto l’Occidente e l’Europa? Vale a dire, che un bambino non è altro che il tangibile risultato dell’incontro di un ovulo con uno spermatozoo o (per dirla con Lidia Ravera) (6) un “ricciolo di materia”? O che l’essere umano, se non è una “macchina” (di cui si possono, all’occorrenza, cambiare i “pezzi”) è allora (come afferma Edoardo Boncinelli) (7) uno “psicozoo” o un “incidente congelato”: ovvero, niente più che un prodotto dell’interazione tra il “caso” e la “necessità” (Monod)?
Sono questi pensieri, in verità, a minare e distruggere l’anima europea. Tuttavia Mefistofele, a Faust che gli chiede: “Dunque tu chi sei?”, così risponde: “Una parte di quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene” (8).
La qualcosa sta a significare che il male incalza e sferza gli esseri umani al solo fine di indurli a trovare la forza capace, non di arginarlo, ma di vincerlo e redimerlo: ossia la forza di quell’Entità che ha appunto detto: “Nel mondo voi avete afflizioni; ma fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo” (Gv 16,33).
E’ ben poco probabile, quindi, che agli orrori dei quali quasi ogni giorno siamo ormai vittime o dolenti spettatori sia possibile rimediare ritornando al vecchio insegnamento di chi si limita a contrastare la scienza materialistica sul piano etico (per mezzo di “comitati”), non essendo in grado di contrastarla su quello noetico, o “di chi vuole – come dice Pera – che i cristiani rialzino la testa e riprendano a diffondere la loro, unica, verità”.
Per quale ragione, infatti, i cosiddetti “cristiani” hanno abbassato la testa e rinunciato “a diffondere la loro, unica, verità”?
E’ semplice: perché in qualche modo avvertono, in quanto materialisti, di essere dei seguaci, non del Cristo, ma di Mammona e, in quanto agnostici, che una verità, per poter essere “unica”, dovrebbe essere universale, e non particolare: che dovrebbe essere cioè di tutti, e non solo “loro”.
Ma abbiamo affrontato questo aspetto nella nota Dell’ego-Caino (9) e non staremo quindi a ripeterci.
Notiamo, piuttosto, come i cosiddetti “laici” (orfani, al contrario dei totalitaristi bianchi, rossi o neri, di una “casa madre” istituzionale o ideologica) si mostrino pronti, di fronte alla minaccia dell’Islam, a rifugiarsi tra le braccia di quella Chiesa che si propone, da sempre, quale depositaria dell’”unica verità”, pur di non “rialzare la testa” per guardare in modo nuovo, libero e cosciente allo spirito.
In un’intervista del 1998, Nicola Matteucci (presentato da Renato Farina come la “roccia liberale” dopo Croce), si è dichiarato ad esempio fautore di “un liberalismo ancorato ai valori religiosi, al senso della storia e della Provvidenza”, dicendosi appunto convinto che, oggi, Croce difenderebbe “la Chiesa e i suoi interventi in fatto di morale” e che il “liberalismo si appoggia all’etica cattolica”; e dopo aver ricordato, con commozione, che Federico Chabod, sul letto di morte, gli disse: “Adesso voglio morire nella religione dei miei padri”, ha asserito di aver ritrovato questa posizione (a suo dire, “razionale” e “nient’affatto di comodo”) “oltre che in Croce, in Tocqueville e in Machiavelli. E specialmente in von Hayek”. Quest’ultimo, infatti, “ammise sul finire della vita che con “la nostra ragione limitata” non riusciva a dimostrare l’esistenza di Dio ma neanche l’ateismo. E sosteneva di preferire, lui di origini protestanti, la Chiesa cattolica “custode della tradizione”” (10).
Non vorremmo apparire irriverenti, ma non possiamo esimerci dall’osservare quanto sia strano che una ragione “limitata”, cui non riesce di dimostrare “l’esistenza di Dio ma neanche l’ateismo” (e forse neppure l’esistenza dello stesso von Hayek), si compiaccia di saper nondimeno dimostrare i propri “limiti” o, come direbbe Popper, la propria “fallibilità” (11).
E pensare che Fichte (lui, sì, un europeo) ha scritto: “Vivere veramente significa pensare veramente e conoscere la verità (…) Solo la fiamma della conoscenza chiara, totalmente trasparente a se stessa e in libero possesso di tutta la sua intimità, garantisce, in virtù di questa chiarezza, la propria durata immutabile” (12).
Afferma infine Ratzinger che l’Europa “non ama più se stessa e rischia di perdersi”; ma che l’Europa sarebbe di certo decaduta, ove, rinnegando se stessa e peccando di “omissione”, avesse ignorato gli impulsi mitteleuropei del “goetheanismo” e non si fosse impegnata a trasformare l’individualismo “borghese” nell’individualismo “etico” o, per così dire, La religione della libertà di Croce (13) ne La filosofia della libertà di Steiner (14), lo aveva preannunciato Steiner stesso, più di ottant’anni fa.

Note:

01) Cristo e Cristianesimo, 26 settembre 2002;
02) il Giornale, 14 maggio 2004;
03) C’è un Dio per l’io? , 7 giugno 2002;
04) R.Steiner: Risposte della scienza dello spirito a problemi sociali e pedagogici – Antroposofica, Milano 1974, p.293;
05) il Giornale, 13 maggio 2004;
06) cfr. noterella del 14 dicembre 2003;
07) cfr. Il cervello, la mente e l’anima, 12 dicembre 2001;
08) W.Goethe: Faust – Einaudi, Torino 1967, p.40;
09) Dell’ego-Caino, 18 aprile 2004;
10) il Giornale, 5 luglio 1998; tratto da L.Russo: L’anima cosciente e la modernità – pubblicazione fuori commercio a cura dell’Associazione culturale Source Onlus, 1999, pp.37-38;
11) cfr. Della “volontà d’impotenza” , 18 agosto 2002;
12) J.G.Fichte: Introduzione alla vita beata – San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2004, pp.117 e 119;
13) cfr. B.Croce: La religione della libertà – SugarCo, Milano 1986;
14) cfr. R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966.

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Di Francesco Giorgi
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