04/04/2005

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Scrive Nina Krusciova (pro-pronipote di Nikita Krusciov): “Quattordici anni dopo la caduta dell’Unione Sovietica i russi hanno scoperto di vivere meglio sotto i dittatori (…) La gente ha bisogno, addirittura desidera venire protetta da se stessa e anela a una mano forte dello Stato (…) La paura della libertà ci trasforma in volontari che chiedono un leader che dia una sensazione di ordine alla nostra vita. Va bene, Stalin governava grazie a una paura diversa, quella che ciascuno provava per la propria vita. Ma che cosa ce ne importa? In fondo, non era così agghiacciante rispetto a questa vita inedita in cui dobbiamo prendere decisioni per conto nostro” (La Stampa, 20 marzo 2005).
Ciò non fa dunque che confermare, ove ce ne fosse ancora bisogno, che la democrazia, prima ancora che una forma di governo (una realtà giuridica), è una qualità del sentire (una realtà dell’anima) che si rende manifesta solo in presenza di un pensare modernamente sorretto (nello spirito) da una “sana” coscienza dell’Io o da un “sano” individualismo.
L’egoismo o l’individualismo “insano” per eccesso (poiché riversa indebitamente nella forma dell’ego le forze qualitativamente diverse del “Sé spirituale” o dell’Io sociale) porta infatti ad amare la propria libertà, ma non quella altrui (come dimostra putroppo l’Occidente), mentre l’individualismo “insano” per difetto porta appunto alla “paura della libertà” (come dimostra purtroppo l’Oriente), e per ciò stesso all’amore della “mano forte dello Stato”, di un dittatore o di un leader: all’amore, cioè, per un’autorità che sopperisca, con la propria forza, alla debolezza della coscienza individuale.
Si può dunque “esportare” lo spirito (l’idea) della democrazia (quale realtà universale), ma non il corpo (la veste istituzionale) della democrazia (quale realtà particolare).
Quanto vale per la Russia vale anche, ovviamente, per il Medio Oriente.
“A costruire la civiltà – afferma ad esempio Khaled Abou El Fadl – sono gli artisti, i letterati, la capacità di creare bellezza, musica, nuovi canali di espressione. La civiltà progredisce quando l’originalità di pensiero viene premiata, non repressa da una fatwa!” (cit. in I.Manji: Quando abbiamo smesso di pensare? – Guanda, Parma 2004, p.218).
Ancor più significativo, però, è quanto dice Irshad Manji (una giornalista islamica che vive in Canada): “Propongo dunque che noi, in Occidente, eleggiamo a valore guida l’individualità. Celebrando l’individualità permettiamo alla maggioranza delle persone di scegliere di essere chi vogliono: membri di una comunità religiosa, spiriti liberi o entrambe le cose. Per molti europei la parola “individualità” potrebbe forse evocare sgradevolmente l’individualismo americano. Non è necessariamente così. Individualismo – io penso a me stesso – e individualità – io sono me stesso, e la mia individualità arricchisce la società – sono cose diverse” (ibid., p.232-233).

Di Lucio Russo
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