20/06/2007

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Sapete chi è “Er maestro de noto” di Cesare Pascarella (1858-1940)? E’ un “maestro” che comincia col dire al suo allievo:

“Ma, caro lei, bisogna intenne’ questa,
Che er noto è come un’antra professione,
Dunque, si lei nun pîa quarche lezione
E’ indicifile assai che j’entri in testa.

Er fisico ce l’ha che je se presta;
Ma si nun viè’ co’ me ner capannone,
Si Dio guardi si stacca da un passone,
Sarv’ognuno, c’è er caso che ce resta.

Perché, capisce?, nun si pô presume’
Che senza di sapé’ le miccherie
Lei noti in mezzo ar Tevere di fiume.
Solo, da sé, così, nun je riesce.
Ma lei si metta nelle mani mie,
E dopo un mese nota come un pesce”.

E poi, dopo averlo sapientemente iniziato ai segreti dell’arte natatoria, finisce col fargli questa raccomandazione:

“Però nun v’esponete. E, verbigrazia,
Quanno che ve buttate, state attento
Perché nun ce vo’ gnente ‘na disgrazia.

Anzi, vede, nun è pe’ mette’ bocca,
Ma si lei nun vo’ avé’ quarche spavento,
Lei vadi sempre indove ce se tocca”.

(C.Pascarella: Tutte le poesie romanesche – Newton & Compton, Roma 1996, p. 42)

Ebbene, non ricordano forse questo “maestro” quei ricercatori che prima invitano a confidare nelle “magnifiche sorti e progressive” dell’ingegneria genetica e delle sue applicazioni terapeutiche, e poi si danno a spulciare i vecchi erbari per scoprire nuove sostanze medicinali?
Ecco infatti la notizia:
“Studiosi della Mayo University in Usa spulciano i vecchi erbari alla ricerca di nuove sostanze in grado di contrastare le malattie nell’uomo. Ecco alcuni esempi: il digitale contiene principi attivi utili contro lo scompenso cardiaco; il salice è l’ideale per abbassare la febbre e attenuare i dolori; il “mamala” risulta perfetto per combattere febbre gialla e mal di schiena. Sempre attraverso la consultazione dei vecchi erbari, si cercano altre piante utili per curare malattie anche gravi come l’Aids. A questo proposito, alcuni studiosi affermano che l’Euphorbia resinifera che cresce in Marocco è in grado di ostacolare la diffusione del virus Hiv nell’organismo umano” (Libero, 17 marzo 2007).

Di Lucio Russo
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