Massime antroposofiche
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32) “Nel capo dell’uomo l’organizzazione fisica è un’impronta dell’individualità spirituale. La parte fisica e quella eterica del capo stanno come immagini concluse dello spirituale, e a c c a n t o ad esse stanno la parte astrale e quella dell’io, come entità animico-spirituale autonoma. Nel capo dell’uomo si ha dunque a che fare con un’evoluzione parallela delle parti relativamente autonome fisica ed eterica da un lato, dell’organizzazione astrale e di quella dell’io dall’altro”.

Sappiamo che l’uomo è un essere triarticolato, in cui è possibile distinguere una sfera superiore (neuro-sensoriale), una sfera mediana (ritmica) e una sfera inferiore (metabolica e degli arti).
Ma questo non è che un primo passo. Il secondo consiste nell’osservare quali rapporti si diano, all’interno di queste sfere, tra l’Io, il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico. Vedremo infatti che in ognuna di esse i rapporti tra gli arti costitutivi umani sono diversi.
Cominciamo dall’alto.
Dice Steiner: “Nel capo dell’uomo l’organizzazione fisica è un’impronta dell’individualità spirituale. La parte fisica e quella eterica del capo stanno come immagini concluse dello spirituale, e accanto ad esse stanno la parte astrale e quella dell’ io, come entità animico-spirituale autonoma”.
Nella sfera cefalica abbiamo dunque un’organizzazione eterico-fisica che non è animata al suo interno dall’organizzazione astrale e da quella dell’Io. Potremmo anche dire, volendo, che in questa sfera l’Io e il corpo astrale modellano una forma, ma non la compenetrano, non vi ineriscono. Questa forma, precisa infatti Steiner, “è un’impronta dell’individualità spirituale”. E che cos’è un’impronta? Una forma lasciata da qualcosa, ma da un qualcosa che non si trova appunto nella forma.
Per questo, usiamo parlare della sfera cefalica come di una realtà morta (l’attività fisica predomina qui su quella eterica, riducendola a quel tanto che basta per rinnovare, laddove è possibile, la sostanza).
L’organizzazione astrale e quella dell’Io evolvono dunque “parallelamente” all’organizzazione fisico-eterica. E che cosa succede allora? Succede che l’Io e l’astrale, che stanno “al di sopra”, si riflettono nell’eterico e nel fisico, che stanno “al di sotto” (fungendo così da specchio).
Questa è dunque la chiave che schiude la comprensione del fenomeno dell’ordinaria coscienza riflessa (del cosiddetto “lume naturale”).
Abbiamo visto che l’Io, il corpo astrale e il corpo eterico abbandonano, al momento della morte, il corpo fisico. Ma si verifica qualcosa del genere anche durante la vita, nella sfera della testa, laddove sorge la coscienza ordinaria: con la differenza che il corpo eterico, in questo caso, in parte abbandona il corpo fisico (ad esempio nella corteccia cerebrale, spessa 2/3 millimetri) e in parte vi si trattiene (ad esempio nelle cellule gliali), riducendo però al minimo la propria attività vitale (un po’ come fanno gli animali, quando vanno in letargo).
Ricorderete, a questo proposito, il concetto di “germe” e il concetto di “immagine” di cui parlammo quando ci occupammo di Antropologia (1).
Quello di “germe”, dicemmo, è il concetto di una forza che non ha preso ancora forma, mentre quello di “immagine” è il concetto di una forma che non ha più forza. In altre parole, il “germe” è una potenza che non si è ancora tradotta in atto, mentre l’”immagine” è un atto in cui si è tradotta ed esaurita la potenza.
Ebbene, se l’habitat del “germe” è quello della volontà (quello della sfera metabolica e degli arti), l’habitat dell’”immagine” (della rappresentazione) è invece quello del pensiero ordinario (quello della sfera cefalica).
Qual è allora il compito? Quello di muovere dal pensiero “immagine” (dall’ordinario rappresentare) per risalire, a un primo livello, al pensiero vivente e, a un secondo livello, al pensiero “germe” (al concetto): “L’idea – dice infatti Scaligero – è un ente di volontà: un potere germinale del volere” (2).
Ascoltate, a proposito del concetto e dell’idea, queste parole di Steiner: “Occuparsi di scienza dello spirito non è soltanto qualcosa di teorico, ma qualcosa di vivente. La scienza dello spirito è per così dire una fiaccola di vita. Il contenuto dell’insegnamento spirituale è rappresentato qui da concetti ed idee; dopo la morte essi sono forze viventi” (3).
Spero di non tediarvi, ricordando ancora una volta il detto Zen: “La Luna riflessa nello stagno non è la Luna”.
Non dobbiamo infatti dimenticare che proprio nella sfera della testa (tra la testa fisica, diciamo, e la testa eterica) infuria la battaglia tra le schiere di Michele e quelle di Arimane, e che Golgota (Calvario) significa “luogo del cranio”.
Michele si batte per indurci a scoprire che la Luna riflessa (l’immagine della Luna) è prodotta dalla Luna reale, che sta nel cielo, mentre Arimane si batte per indurci a credere che la Luna riflessa è prodotta dalla Luna reale, che sta nello stagno.
Fuor di metafora, il primo vorrebbe che risalissimo dal pensiero riflesso al pensiero vivente (quindi allo spirito), mentre il secondo vorrebbe (con il soccorso quasi unanime dell’odierna neurofisiologia, tutta impegnata a “dragare lo stagno”) che discendessimo dal pensiero riflesso nel cervello (quindi nella materia).

33) “Nel sistema delle membra e del ricambio dell’uomo, le quattro parti costitutive dell’essere umano sono intimamente collegate. L’organizzazione dell’io e il corpo astrale non sono accanto alla parte fisica ed eterica. Vi sono d e n t r o; le vivificano, agiscono nella loro crescita, nella loro facoltà di movimento, e così via. Per questo però il sistema delle membra e del ricambio è come un germe, che vuol continuare a svilupparsi, che tende continuamente a trasformarsi in capo e che, durante la vita dell’uomo sulla terra, ne è continuamente trattenuto”.

Eccoci adesso al polo opposto a quello cefalico: cioè al polo “delle membra e del ricambio”.
In questo, l’Io e il corpo astrale non stanno “accanto” al corpo eterico-fisico, bensì vi sono “intimamente collegati”.
Il che vuol dire che nella sfera metabolica e degli arti l’Io, il corpo astrale, il corpo eterico e quello fisico si compenetrano.
Questa è dunque la chiave che schiude il fenomeno dell’ordinaria incoscienza. Se il polo cefalico, come abbiamo appena visto, è quello della coscienza o della veglia, il polo metabolico e degli arti è infatti quello dell’incoscienza o del sonno (senza sogni).
E perché? Perché l’Io e il corpo astrale non hanno qui uno specchio in cui potersi riflettere (un eterico-fisico che stia loro di fronte), e sono per di più interamente e costantemente assorbiti dall’attività (vegetativa) del ricambio: dalla “di-gestione”, cioè, della sostanza (tant’è che l’attività di veglia possiamo sospenderla andando a dormire, mentre quella vegetativa non possiamo sospenderla mai).
E che cosa fanno l’Io e il corpo astrale in questa sfera? E’ presto detto: dirigono e governano l’attività delle membra e del ricambio (se fossimo dei burocrati potremmo dire che il corpo eterico ha “mansioni esecutive”, mentre quello astrale ha “mansioni di concetto”).
In parole povere, l’Io e il corpo astrale dicono, che so, al fegato, alla milza o alla cistifellea come devono funzionare. A ogni organo, il corpo eterico dà infatti la vita, il corpo astrale la legge (che regola la sua funzione), mentre l’Io fa in modo che la legge di un organo non vada a interferire con quella di un altro.
Dice Steiner: “L’organizzazione dell’ io e il corpo astrale non sono accanto alla parte fisica ed eterica. Vi sono dentro; le vivificano, agiscono nella loro crescita, nella loro facoltà di movimento, e così via. Per questo però il sistema delle membra e del ricambio è come un germe che vuol continuare a svilupparsi, che tende continuamente a trasformarsi in capo e che, durante la vita dell’uomo sulla Terra, ne è continuamente trattenuto”.
Vedete, ecco il “germe” di cui parlammo come di una potenza che non si è ancora tradotta in atto, ma che tende incessantemente a tradurvisi: che vuole cioè continuare, per dirla con Steiner, “a svilupparsi, che tende continuamente a trasformarsi in capo e che, durante la vita dell’uomo sulla Terra, ne è continuamente trattenuta”.
Nel cammino che va dal sonno alla veglia, o dall’inconscio al conscio, il “germe” tende dunque a diventare “immagine”.
Fatto sta, però, che se tutto ciò che è “germe” diventasse “immagine”, diverremmo tutta testa (tutto teschio), e non potremmo più vivere.
E’ necessario, perciò, che gran parte dei “germi” venga trattenuta e impiegata per l’assolvimento di altre funzioni (incoscienti).
Penso sappiate, da altre letture di Steiner, che la testa della presente vita terrena è una metamorfosi del restante organismo (soprattutto metabolico) della vita terrena precedente: di un restante organismo che però già tende, in una stessa vita, “a trasformarsi in capo”.
Com’è facile capire, si tratta di una tendenza che va frenata, se si vuole mantenere un sano equilibrio tra il passato (cefalico), il presente (ritmico) e il futuro (metabolico).
Sul piano psicologico, ad esempio, si può osservare che, nei caratteri estroversi o stenici, il futuro (il “germe”) ha preso più o meno il sopravvento (magari in forma di ansia o di brama) sul presente e sul passato, mentre, nei caratteri introversi o astenici, il passato (l’immagine) ha preso più o meno il sopravvento (magari in forma di scrupolo o di rimorso) sul presente e sul futuro.

34) “L’organizzazione ritmica sta nel mezzo. Qui l’organizzazione dell’ io e il corpo astrale si collegano alternativamente con la parte fisica ed eterica, e se ne sciolgono di nuovo. Respiro e circolazione sanguigna sono l’impronta fisica di questa unione e separazione. Il processo dell’inspirazione rispecchia il collegamento; quello dell’espirazione, la separazione. I processi nel sangue delle arterie rappresentano il collegamento; i processi nel sangue delle vene, la separazione”.

Dopo aver visto quanto succede nell’organizzazione del capo e in quella del ricambio e delle membra, vediamo adesso ciò che succede nella “organizzazione ritmica” ch’è deputata ad armonizzare, stando “nel mezzo”, l’attività della prima con quella della seconda.
Per far questo, deve mettere l’una in giusto rapporto con l’altra, dando così vita a un ritmo specificamente umano.
Pensate, ad esempio, al rapporto di 1 a 4 che vige, in un minuto, tra il numero dei nostri respiri (18) e quello delle nostre pulsazioni (72).
Perché è mediamente di 1 a 4? E’ semplice: perché se fosse mediamente molto diverso non sarebbe il ritmo di un essere umano.
Ciò implica dunque la presenza di una terza e più alta attività (quella dell’Io) che, per porre le prime due al proprio servizio, le costringe ad alternarsi secondo un determinato ritmo (come quelli, ad esempio, della sistole e della diastole e dell’inalazione e dell’esalazione).
Dice Steiner: “L’organizzazione ritmica sta nel mezzo. Qui l’organizzazione dell’io e il corpo astrale si collegano alternativamente con la parte fisica ed eterica, e se ne sciolgono di nuovo”.
Quando l’Io e il corpo astrale si collegano con l’eterico-fisico diventiamo, per così dire, esseri interamente metabolici, mentre quando se ne sciolgono diventiamo esseri interamente neurosensoriali. Dal momento, tuttavia, che un essere tutto metabolico o un essere tutto neurosensoriale non sarebbe un essere umano, ci serviamo (quali Io) del primo per limitare le tendenze del secondo, e viceversa.
Dice appunto Steiner: “Respiro e circolazione sanguigna sono l’impronta fisica di questa unione e separazione. Il processo dell’inspirazione rispecchia il collegamento; quello dell’espirazione, la separazione. I processi nel sangue delle arterie rappresentano il collegamento; i processi nel sangue delle vene, la separazione”.
Come vedete, più andiamo avanti e più le cose si complicano: ma si complicano perché cerchiamo, studiando, di approfondirle, non limitandoci quindi a leggerle e a saperle. “Quello che è noto – afferma appunto Hegel – non è già perciò conosciuto” (4).
Fatto si è che, oggigiorno, vuoi l’esperienza della scuola (a tutti i livelli), vuoi le abitudini di vita, ci hanno fatto ormai dimenticare che cos’è davvero lo studio, tanto che ad alcuni riesce perfino difficile capire il perché Steiner lo abbia posto quale primo passo sul moderno cammino dell’iniziazione, affermando, ad esempio: “L’esoterismo non comincia solamente con lo sviluppo occulto. Dal momento in cui si partecipa a uno studio scientifico-spirituale, partecipando con tutto il cuore e col sentimento agli insegnamenti della scienza dello spirito, già ha inizio l’esoterismo” (5).
Lasciate che vi legga, a questo proposito, quanto scrive ancora Hegel: “La difficoltà nasce in parte da un’incapacità, che in sé è soltanto mancanza di abitudine, di pensare astrattamente, cioè di tenere fermi innanzi allo spirito pensieri puri e muoversi in essi (…) Si ode dire che non si sa che cosa si debba pensare in un concetto che si è già appreso: ora, in un concetto non c’è da pensar altro che il concetto stesso. Ma il senso di quel detto è in ciò, che si vuol avere una rappresentazione nota e ordinaria: alla coscienza sembra come se, col toglierle il modo della rappresentazione, le sia tolto il terreno, che era suo fermo e abituale sostegno. Quando è trasportata nella pura regione dei concetti, non sa più in qual mondo si sia. – Si stimano perciò meraviglie di comprensibilità quegli scrittori, predicatori, oratori ecc., che ai loro lettori o ascoltatori offrono cose che essi già sanno a mente, che sono loro familiari e che si comprendono da sé” (6).

Note:

1) cfr. R.Steiner: L’arte dell’educazione, vol. I, Antropologia – Antroposofica, Milano 1993;
2) R.Steiner: Vita da morte a nuova nascita – PSICHE, Torino 1997, p. 88;
3) M.Scaligero: Tecniche della concentrazione interiore – Mediterranee, Roma 1985, p. 58;
4) G.W.F.Hegel: Scienza della logica – Laterza, Roma-Bari 1974, vol. I, p. 10;
5) R.Steiner: Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – Antroposofica, Milano 1985, p. 9;
6) G.W.F.Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche – Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 6-7.

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Di Lucio Russo
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