Massime antroposofiche
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M

Torniamo a noi.
Sapete che supporto dell’anima senziente è il corpo astrale, che supporto dell’anima razionale-affettiva è il corpo eterico e che supporto dell’anima cosciente è il corpo fisico: vale a dire, gli organi di senso e il cervello.
Pensate ad esempio a Galilei: non aveva occhi che per la realtà (sensibile); al contrario dei teologi dottrinari che gli si opponevano, sentiva ciò che gli era dato osservare e su cui poteva pensare assai più importante di quanto dicessero Aristotele e la Bibbia.
Potremmo anche dire, volendo far ricorso a un noto termine freudiano, che Galilei era animato da una vera e propria libido oggettuale (ovviamente conoscitiva): vale a dire dall’amore per l’oggetto o per l’altro da sé.
Questa è l’anima cosciente: cioè un’anima che comincia ad avere a cuore la realtà fisica, per poi avere altrettanto a cuore, col suo evolversi, la realtà eterica, la realtà animica e quella spirituale (“Tutta la scienza moderna – osserva Steiner – è figlia del cristianesimo. È la continuazione diretta dell’impulso cristico”) (9).

Sorse allora luminosamente nella coscienza dell’uomo tutto ciò che il suo corpo fisico e il suo corpo eterico potevano dirgli del fisico e dell’eterico nella natura. Scomparve invece al suo sguardo ciò che il corpo astrale e l’io potevano dirgli intorno a se stesso” (p. 132).

Vi ho più volte raccomandato il ciclo di conferenze intitolato: Nascita e sviluppo storico della scienza. Steiner vi spiega, con grande chiarezza, l’inconscio processo che presiede alla nascita della scienza (galileiana): ossia quello in virtù del quale l’uomo, per un verso, porta fuori di sé (proietta) il suo fisico-eterico sulla natura (matematizzandola e geometrizzandola) e, per l’altro, porta dentro di sé (introietta) l’animico-spirituale della natura (soggettivizzandolo o psicologizzandolo).
Pensate ad esempio a Cartesio: la res extensa (il corpo eterico e il corpo fisico) la pone appunto nella natura (nell’oggetto), mentre la res cogitans (l’Io e il corpo astrale) la pone appunto nell’uomo (nel soggetto).
Oppure, per fare un altro esempio, pensate a Jung: allo scrittore cileno Miguel Serrano che, nel corso di un’intervista, gli aveva chiesto se gli archetipi che poneva a fondamento della sua psicologia analitica agissero, oltre che nell’anima dell’uomo, anche nella natura, rispose che li si doveva pensare attivi solo nell’anima dell’uomo.
Ecco appunto la scissione: da una lato le scienze dell’uomo (la pneumatologia e la psicologia), dall’altra le scienze della natura (la chimica e la fisica).
Fatto sta, però, che le prime, separate dalle seconde (come si presentano nella cultura “classica”), cadono nelle grinfie di Lucifero, mentre le seconde, separate dalle prime (come si presentano nella cultura “scientifica”), cadono nelle grinfie di Arimane.

Inizia così un’epoca in cui nell’umanità si desta il sentimento di non poter più conoscere se stessa per mezzo del proprio criterio. Comincia la ricerca di una conoscenza dell’entità umana. Non si riesce ad appagare questa ricerca con quello che offre il presente. Si risale storicamente a tempi passati. Nell’evoluzione spirituale sorge l’umanesimo. Esso non sorge perché si aveva l’uomo, ma perché lo si aveva perduto. Se ancora lo si avesse avuto, Erasmo da Rotterdam ed altri avrebbero agito da intonazioni d’anima ben diverse da quelle che in loro destava l’umanesimo” (p. 132).

L’uomo comincia a esercitare l’attività scientifica, ma dal momento che non ne ricava nulla che lo aiuti a conoscere se stesso, cerca allora di colmare questo vuoto volgendosi al passato e, in particolare, all’antichità classica (alla cultura greco-romana).
E’ raro, a tutt’oggi, imbattersi in qualcuno che sia convinto che, oltre alla scienza del mondo fisico, possono darsi una scienza dell’anima e una scienza dello spirito. Chiunque attualmente si volge (bontà sua) all’anima e allo spirito, si sente piuttosto in dovere di accantonare la scienza per affidarsi alla poesia, alla letteratura, all’arte o alla religione (mentre, per Steiner, dovremmo “giungere al Cristo attraverso un pensiero scientifico”) (10).
Sta di fatto che i soli ad aver tentato di volgersi, da medici, e quindi con spirito pratico-scientifico (terapeutico), all’anima (alla psiche) e allo spirito (un libro di Jung è intitolato: La simbolica dello spirito [11]) sono stati, piaccia o meno, Freud e Jung.
(Scrive Jung: “Tutto ciò che oggi va sotto il nome profano di “psicoanalisi” ha la sua origine nella pratica medica, ed è per la massima parte psicologia medica” [12].)
Abbiamo parlato mille volte dei limiti dell’interpretazione dei dati delle loro ricerche (delle loro teorie), ma ciò non toglie che siano stati i primi a voler penetrare in modo moderno all’interno di una realtà che era stata fino allora monopolio della filosofia e della religione.
Osserva appunto Fausto Antonini: “Se si volessero trovare le origini della psicanalisi bisognerebbe risalire a quelle di tutta la scienza moderna da Leonardo a Galilei”, ricordando che “Freud intuiva il significato più sintetico delle proprie scoperte quando dichiarava di aver compiuto la terza grande rivoluzione scientifica” (dopo quelle di Copernico e Darwin) (13).
E che cosa dice Steiner? Dice che “non capisce l’intimo impulso dell’antroposofia chi non voglia organizzarla nel senso del pensiero e del sentimento più moderni” (14), che l’antroposofia è “una corrente spirituale che nella nostra epoca scaturisce con profonda necessità dal sorgere della concezione scientifica dei secoli scorsi, nella forma che questa ha assunto in modo speciale nel nostro tempo”; puntualizzando, al contempo, che deve essere “pensata più come una figlia vivente, se così posso dire, dei presupposti scientifici, piuttosto che solo una sua logica conseguenza” (15).

Nel Faust, Goethe trovò più tardi una figura umana che aveva totalmente smarrito l’uomo.
Sempre più intensa si fa questa ricerca dell’uomo, perché si ha soltanto la scelta fra il rendersi apatici di fronte al sentimento del proprio essere e lo sviluppare l’aspirazione verso di esso come un elemento dell’anima.
(…) Rinascimento, vale a dire rinascita spirituale, e umanesimo si affrettano, anzi si precipitano verso una spiritualità, ma in una direzione in cui non la si può trovare; nella direzione in cui andrebbe invece ricercata abbiamo l’impotenza, l’illusione, lo stordimento. E in pari tempo, dovunque, irrompono le forze di Michele: nell’arte, nella conoscenza, nell’interiorità dell’uomo; dovunque, tranne che nelle forze nascenti dell’anima cosciente
” (p. 133).

Che cosa vuol dire “dovunque, tranne che nelle forze nascenti dell’anima cosciente”? E’ semplice: dovunque, tranne che nella scienza.
Vedete, la “ricerca dell’uomo” è la cerca del Santo Graal, e la cerca del Santo Graal è la ricerca della vera anima umana.
(Prendendo spunto da queste parole di Steiner: “L’iniziato cristiano consegue con la sua disciplina iniziatica la purificazione del suo corpo astrale; egli trasforma il corpo astrale in vergine Sofia e viene illuminato dall’alto (o, se preferite, adombrato) dallo “Spirito Santo”, dall’io cosmico” [16], e da queste altre di Wagner [tratte dal libretto del Parsifal]: ”Il costume dei cavalieri e degli scudieri del Gral è simile a quello dei templari, tunica e mantello bianco; invece però della croce rossa, è dipinta sullo scudo e ricamata sul mantello una colomba volante” (simbolo dello Spirito Santo) [17], oso suggerirvi dei pensieri che potrebbero costituire, volendo, una traccia meditativa:
a) “Le idee sono per l’antroposofia i recipienti d’amore” [Steiner] [18];
b) “L’idea è eterna ed unica; non è ben fatto di usare anche il plurale. Tutto ciò che scorgiamo e di cui possiamo parlare, non è che manifestazione dell’idea; noi esprimiamo concetti, e in questo senso l’idea stessa è un concetto” [Goethe] [19];
c) “L’assoluto è l’universale e unica idea, che, col giudicare, si specializza nel sistema delle idee determinate, che però tornano nell’unica idea, lor verità” [Hegel] [20].
“L’universale e unica idea”, in quanto Recipiente dei recipienti d’amore, ossia quale Calice che contiene [“Il Signore è con te”] il sangue del Cristo [del Logos o dell’”Io sono”], è dunque la Vergine [“piena di grazia”], quale Regina Angelorum, Vas spirituale, Vas onorabile, Vas insigne devotionis, come recitano le litanie lauretane.)
Chi ha avuto la bontà di leggere ciò che scrissi in un mio breve ricordo di Massimo Scaligero (21), rammenterà che tale ricerca ha segnato tutto il mio cammino. Quando mi accostai ad esempio al marxismo (avevo vent’anni), lo feci non perché nutrissi interesse per i problemi politici ed economici, ma perché avevo a cuore il problema dell’alienazione: ossia il problema, prettamente antropologico, di un essere umano che vive estraniato dalla propria realtà.
Questo problema mi ha portato in seguito alla psicoanalisi freudiana, a quella junghiana e infine all’antroposofia (scrive Uehli, parlando del Parsifal e della ricerca del Graal di Wagner: “Quali sono dunque le premesse dietro cui può essere intrapresa una ricerca del Graal con questo sfondo? Non può muovere da un interesse personale, ma dev’essere intrapresa per interesse all’umanità in genere”) (22).
Soltanto l’antroposofia mi ha permesso però di capire ch’è inutile porre o affrontare tale questione se non si è in grado di capire che l’esistenza può essere alienata o estraniata unicamente in rapporto alla sua essenza.
Gli esistenzialisti, ad esempio, sono convinti che l’essenza nasce dall’esistenza; ma sbagliano, perché dall’esistenza (sgorgata dall’essenza) non nasce l’essenza, bensì la coscienza dell’essenza.
Voglio raccontarvi un fatterello capitatomi di recente. Essendomi trovato a parlare con un ingegnere informatico, dopo essermi dichiarato, in materia, un incompetente, ho approfittato per chiedergli alcune informazioni. Mentre lo ascoltavo, mi è venuto però da pensare: chissà se lui sarebbe disposto a dichiararsi un incompetente in materia di anima e di spirito?
Avevo fatto appena in tempo a pensarlo, che quello ha preso a condire i suoi discorsi con asserzioni del tipo: “Tutto dipende dal cervello”, “L’anima non esiste”, “L’uomo è stato sempre lo stesso”, e così via.
Perché si è sentito in diritto di farlo? Per il semplice fatto che si crede che in materia di anima e di spirito non si possa essere scientifici, e che perciò un’opinione valga l’altra.
Scrive appunto Berdjaev: “Il razionalismo, l’umanesimo, il diritto, il liberalismo, la democrazia: sono altrettante forme di pensiero e di vita le quali hanno per fondamento l’ipotesi che la Verità è inconoscibile e che forse non esiste. Vale a dire che non vogliono conoscere la Verità” (23).
Dice Steiner: “E in pari tempo, dovunque, irrompono le forze di Michele: nell’arte, nella conoscenza, nell’interiorità dell’uomo; dovunque, tranne che nelle forze nascenti dell’anima cosciente”.
Come si vede, non si riesce ancora a dare alle forze dell’anima cosciente, ossia alle forze che permettono la ricerca scientifica, un orientamento verso lo spirito o, il che è lo stesso, verso la realtà dell’essere umano.

È un vacillare della vita spirituale. Michele indirizza tutte le sue forze all’indietro nell’evoluzione cosmica, affinché gliene derivi la potenza per mantenere l’equilibrio con il “drago” sotto i suoi piedi. Appunto nella scìa di questi sforzi per la potenza da parte di Michele nascono le grandi creazioni del rinascimento. Ma esse sono ancora un rinnovamento dell’essenza dell’anima razionale o affettiva per opera di Michele, non ancora l’azione delle nuove forze animiche” (p. 133).

Un conto, dunque, è che le “nuove forze di Michele” vengano accolte, in modo scientifico, dall’anima cosciente (producendo, come ho detto a suo tempo, un nascimento), altro che vengano accolte, in modo artistico, letterario o filosofico dall’anima razionale-affettiva (limitandosi così a produrre un ri-nascimento).
Anche Berdjaev, ad esempio, pur convinto, come scrive, che “una rigenerazione spirituale dell’uomo e delle sue opere può essere oggi concepita solo attraverso un approfondimento del cristianesimo, attraverso un’ultima rivelazione dell’immagine del Cristo nell’uomo, fedele alla rivelazione cristiana della personalità umana” (24), non riesce a immaginare tale rigenerazione in forma assolutamente nuova (come appunto un nascimento), ma come un post-moderno e “nuovo Medioevo” (come quindi un ri-nascimento).

Si può guardare Michele, pieno d’ansia se poter alla lunga essere in grado di combattere il “drago”, mentre osserva come gli uomini vogliano conquistare un’immagine dell’uomo stesso, tratta da uno dei campi della natura conquistata a nuovo. Michele vede come la natura venga osservata e come dalle cosiddette “leggi naturali” ci si voglia formare un’immagine dell’uomo. Vede come si pensi che una determinata qualità di un animale si perfeziona, che un insieme di organi si armonizza, e come da tale processo “nasca” l’uomo.
(…) E così gli uomini, con un simile pensare intorno all’uomo, vivono in immagini prive di realtà, in illusioni; inseguono una immagine dell’uomo che si illudono soltanto di raggiungere; ma in verità non vi è nulla nel loro campo visivo. “La forza del sole spirituale getta i suoi bagliori sulle loro anime, il Cristo opera; ma essi non possono ancora accorgersene. La forza dell’anima cosciente domina nel corpo, ma essa non può ancora penetrare nell’anima”. Tale all’incirca è l’aspirazione che Michele pronuncia con preoccupazione ansiosa. Se cioè le forze di illusione negli uomini non diano al “drago” una potenza tale che per Michele diventi impossibile il mantenimento dell’equilibrio
” (pp. 133-134).

Inutile dire che l’ansia di Michele non è quella che costringe un numero sempre maggiore di persone a far uso, oggigiorno, di ansiolitici o tranquillanti.
Quella di Michele è un ansia (cristica) per le sorti dell’umanità, mentre l’altra è solo un’ansia (egoica) per le sorti di se stessi.
Sarebbe bene che lo considerassero (ma non c’è granché da sperare) anche quanti ricorrono alla meditazione a mo’ di ansiolitico o di tranquillante. Non si tratta infatti di approdare, mediante questa o mediante magari il “pensiero positivo” (il think pink della new age), a una “pace interiore” egoica e, diciamolo pure, alquanto irresponsabile e beota, quanto piuttosto di arrivare a condividere lo stato d’animo ansioso e doloroso di Michele.
(Osserva Mariano Bigi, riferendosi al nono capitolo del libro del profeta Ezechiele: “Coloro che si salvano [dal “castigo divino” ] non lo sono in virtù dell’appartenenza a un popolo che è caro a Dio, anche se non gli è sempre fedele, ma in forza di una presa di coscienza personale del male di cui sono testimoni e di un atto di contrizione interiore; sono coloro che “sospirano e piangono per gli abomini” che si compiono in Gerusalemme” [25].)
Ascoltate quanto dice Steiner, riguardo al “corretto processo della meditazione”: “Prima si conquista a fondo un pensiero, del quale si può riconoscere la validità con gli strumenti offerti dalla vita e dalla conoscenza ordinarie. In seguito ci si immerge ripetutamente in quel pensiero, identificandosi con esso. Il rafforzamento dell’anima deriva dal vivere con un pensiero conosciuto in tal modo” (26): conosciuto cioè in modo critico dal sano intelletto, e non preso o raccattato qua e là soltanto perché “bello”, “edificante” o, per l’appunto, “positivo”.
(Sarebbe il caso di spiegare ai seguaci di questo “gaio esoterismo” che il pensiero, per essere “positivo”, deve soltanto preoccuparsi di essere ciò che è: ossia, pensiero.)
Michele, dice Steiner, “osserva come gli uomini vogliano conquistare un’immagine dell’uomo stesso, tratta da uno dei campi della natura conquistata a nuovo”: vale a dire, osserva come vogliano conquistarsi un’immagine dell’uomo o del soggetto (pensante e conoscente) a partire dal mondo extra-umano (fisico-chimico) o dall’oggetto (pensato e conosciuto).
“La forza dell’anima cosciente – dice ancora – domina nel corpo, ma essa non può ancora penetrare nell’anima”.
Per questo ho detto, poco fa, che Freud e Jung sono stati i primi a voler penetrare in modo moderno all’interno di una realtà ch’era stata, fino allora, monopolio della filosofia e della religione.
Abbiamo infatti i fisici, i chimici e il materialismo perché l’anima cosciente domina nel corpo, ma abbiamo ancora i chierici e la metafisica perché “non può ancora penetrare nell’anima” (tanto che perfino i fisici e i chimici sono diventati ormai dei “metafisici”).
Mi avete sentito dire, altre volte, che urge una scienza umana dell’uomo. Se fossero, che so, le formiche a studiare l’uomo, avremmo infatti una “scienza dell’uomo”, ma non una “scienza umana dell’uomo”.
Si ha comunque un analogo risultato quando la scienza dell’uomo non viene fatta consapevolmente da ciò ch’è umano nell’uomo (cioè dall’Io), ma inconsapevolmente (come oggi) da ciò ch’è solo parte dell’uomo (ad esempio, dal sistema nervoso o da quello osseo).
Soltanto una scienza umana dell’uomo può essere però autocosciente, e soltanto una scienza autocosciente può permetterci di realizzare davvero la nostra umanità.

Domanda: Potresti fare un esempio della metafisica dei fisici e dei chimici?
Risposta: Vedi questo libro di Edoardo Boncinelli, intitolato: Come nascono le idee (27)? Senti che cosa dice qui: “Studi statistici imponenti hanno mostrato che se la componente genetica non è tutto, come si sa da almeno cinquant’anni, anche la componente derivante dalle particolari condizioni ed esperienze di vita di ogni singolo individuo analizzato [la componente ambientale] non è assolutamente sufficiente a spiegare queste differenze. Esistono insomma alcune differenze sottili tra individuo e individuo che non si possono spiegare se non come scelte casuali compiute dalle varie parti del corpo stesso nel corso dello sviluppo” (28).
Le “differenze sottili tra individuo e individuo” sarebbero prodotte dunque dal “caso”.
Già, ma che cos’è il caso? E’ un’idea, e non una cosa, e quindi una realtà non “fisica”, ma per l’appunto “metafisica”.

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Di Lucio Russo
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