Massime antroposofiche
153/154/155 – 2°

M

Questa è una vera veggenza dell’essere della terra, una veggenza che in essa vede ovunque un mondo germinante. Impariamo a conoscere i regni della natura soltanto se sentiamo in essi questo elemento germinante. In mezzo a questa vita germinante l’uomo compie la sua esistenza terrena. – Egli partecipa tanto a questo elemento germinativo, quanto alla vita morente. Da quest’ultima egli ha le forze del suo pensare. Finché in passato le forze del pensare provenivano dal macrocosmo ancora vivente, non erano la base dell’uomo autocosciente; vivevano come forze di crescenza nell’uomo ancora privo di autocoscienza” (p. 174).

Osservate un neonato: non pensa perché è interamente impegnato a plasmare il proprio corpo. In seguito, però, una parte delle forze plasmatrici (eteriche) viene sottratta a tale compito per essere posta al servizio, in veste di pensiero, della coscienza e dell’autocoscienza.
I tipi “stenici” si danno quando alla natura o al bios vengono sottratte poche forze, quelli “astenici” quando ne vengono sottratte troppe.
In ogni caso, un conto è il pensiero, altro la coscienza. Pensano, infatti, tanto gli individui coscienti quanto quelli incoscienti: quelli coscienti, però, pensano (conoscono) secondo realtà, mentre quelli incoscienti pensano (opinano) secondo la propria personale natura.
(Scrive Steiner, riferendosi alla “questione sociale”: “O ci si adegua col proprio pensare alle esigenze della realtà, oppure non si impara nulla dalle disgrazie e si moltiplica all’infinito il male fatto mediante l’altro male che sorgerà” [7].)
Sono quindi la forza e la qualità del pensare a fare la differenza, elevando il grado di coscienza dei primi, e abbassando quello dei secondi.
E’ dunque il pensare secondo realtà (secondo la realtà della morte, della vita, dell’anima e dello spirito) che purifica ed eleva la coscienza; ciò vuol dire ch’è questo pensare a trasformare, grado a grado, il corpo astrale nella “vergine Sofia” e a renderlo così “recettivo per lo Spirito Santo” (8).

Le forze del pensare, per sé, non possono avere vita propria se debbono formare la base della libera autocoscienza umana. Per sé esse debbono essere, col morto macrocosmo, le morte ombre di ciò che era vivente in epoche cosmiche passate.
Dall’altro lato l’uomo prende parte all’elemento germinante della terra. Da questo provengono le sue forze volitive. Esse sono vita, ma di contro l’uomo non prende parte all’essere loro con la sua autocoscienza. Entro l’essere umano esse si irradiano nei pensieri-ombra. Vengono compenetrate da quelle ombre, e in tale compenetrazione del libero pensiero, dispiegantesi nell’essere germinante della terra, la piena e libera autocoscienza umana, nell’epoca dell’anima cosciente, introduce la propria vita nell’uomo.
Il passato che getta ombre e il futuro che contiene germi di realtà si incontrano nell’entità umana. Tale incontro è la vita umana del presente
” (pp. 174-175).

Ricordate che cosa abbiamo detto, una sera (massima 59)? Che se i pensieri fossero vivi, e non “le morte ombre di ciò che era vivente in epoche cosmiche passate”, veicolerebbero la volontà degli Dèi, e non potremmo perciò essere liberi.
Di fatto, laddove siamo coscienti e ci pensiamo quali Io, non siamo vivi, mentre, laddove siamo vivi, non siamo coscienti e non ci pensiamo quali Io.
Per sanare questa frattura (“ontologica”), occorre dis-identificare la realtà dell’Io da quella della testa, cominciando col dis-identificare la realtà del pensiero da quella del cervello.
Lo ripeto: di norma, dell’Io reale, ch’è unità di forma (di pensare) e di forza (di volere), sperimentiamo, da una parte (nel sistema neurosensoriale), la forma senza forza (l’Io come ego, o come concetto privo di realtà), e, dall’altra (nel sistema metabolico e degli arti), la forza senza forma (la volontà “cieca” di Schopenhauer).
Ne consegue che le forze “germinanti” e di rinnovamento (del futuro) che penetrano costantemente in noi (nella nostra volontà), vengono disconosciute o misconosciute dal pensiero vincolato alle “ombre” del passato, e per ciò stesso alterate o capovolte (trasformate, cioè, da bene in male).
Rileggiamo questo passo di Steiner: “Nei moti istintivi dell’umanità rumoreggia un elemento nuovo; nel pensare cosciente, le antiche idee non vogliono seguire i moti istintivi. Ma anche i moti istintivi migliori diventano barbarici e bestiali se non vengono illuminati da pensieri adeguati” (9).
Ben si comprende, dunque, quanto sia salutare, seguendo l’impulso di Michele, rafforzare, vivificare e risvegliare il pensare, così che possa incontrarsi e unirsi scientemente e liberamente con tali forze, per dare loro forma creativa, e non lasciare (per pigrizia o ignavia) che ne prendano, corrompendosi, una distruttiva.

La coscienza veggente ravvisa chiaramente questi fatti, quando si trasporta nella regione dello spirito che confina immediatamente con quella fisica, e nella quale si trova anche l’attività di Michele.
La vita di tutto ciò che è terreno diventa trasparente se nelle sue profondità sentiamo il germe universale. Ogni forma vegetale, ogni pietra appare in un nuova luce all’anima umana, se essa si accorge come ogni essere, con la sua vita e la sua forma, contribuisca a che la terra, come unità, sia il germe embrionale di un macrocosmo sorgente a nuova vita.
Proviamo a rendere pienamente vivo in noi il pensiero di questi fatti, e sentiremo quale importanza esso possa avere nell’anima umana
” (p. 175).

Come si fa “a rendere pienamente vivo in noi il pensiero di questi fatti”? E’ semplice: continuando a pensarli e meditarli.
E’ semplice, ma non facile, giacché quand’anche i pensieri, come spesso succede, non ci entrino in un orecchio per uscire dall’altro, siamo soliti sostituirli frettolosamente con altri.
Sui pensieri (degni di questo nome), dovremmo invece imparare (all’opposto di quanti bramano la “spensieratezza”) a sostare e a soffermarci.
Non si usa dire, di un brano musicale particolarmente bello o toccante, che “non ci si stancherebbe mai di ascoltarlo”? E per quale ragione, allora, non si dovrebbe dire, di pensieri particolarmente veri e profondi, che “non ci si stancherebbe mai di pensarli”?
Diciamola tutta: dovremmo imparare a coltivare il rapporto col pensiero così come coltiviamo le amicizie, dal momento che solo i pensieri così coltivati sono in grado di trasformarci e migliorarci.
Veniamo adesso alle massime.

153) “Al principio dell’epoca dell’anima cosciente ci si è abituati a rivolgere lo sguardo alla grandezza fisico-spaziale dell’universo, ed a sentire innanzitutto tale grandezza. Perciò chiamiamo la terra un granello di polvere in mezzo all’universo che appare fisicamente poderoso”.

Non è la Terra, in verità, a essere un insignificante “granello di polvere in mezzo all’universo che appare fisicamente poderoso”, ma è questa rappresentazione “fisico-spaziale” o materialistica della Terra a essere un insignificante “granello di polvere” in mezzo all’universo, spiritualmente poderoso, del pensiero.

154) “Alla coscienza veggente questo “granello di polvere” si rivela come il germe di un nuovo macrocosmo che sta per sorgere, mentre quello vecchio si dimostra morto. Era necessario che morisse affinché l’uomo potesse separarsene con piena autocoscienza”.

Lo abbiamo detto e ripetuto: è stato necessario che il vecchio macrocosmo ci apparisse come un “oggetto”, per risvegliare in noi la coscienza del soggetto: cioè, di noi stessi.
Immaginate, per fare un banale esempio, un artista cui venga imposto di non creare più niente, poiché è giunto il momento in cui altri conoscano ciò che ha già creato (per generare, così, la “coscienza del creato”).
Ascoltate quanto dice Scaligero: “Questa primordiale storia dell’uomo, che non a caso è storia di un rapporto d’amore cosmico-umano, esige essere liberata dal pregiudizio di restaurazioni dell’accordo originario che sia stato possibile attuare in seguito, mediante le Iniziazioni e i Misteri delle varie tradizioni, perché comunque la vicenda umana si svolse da allora in poi secondo una continua perdita di livello, rispetto alla condizione primordiale. Da allora in poi l’unico valore di cui è legittimo parlare è il sorgere di un Io consapevole di sé, non mediante gli esaurentisi impulsi tradizionali, bensì mediante pensiero ed esperienza esigenti il sovrasensibile come attività individuale rivolta al sensibile” (10).
I seguaci delle “Iniziazioni” e dei “Misteri delle varie tradizioni” portano quindi avanti (in modo luciferico) una spiritualità priva di modernità, mentre i materialisti portano avanti (in modo arimanico) una modernità priva di spiritualità.
I primi guardano al passato, perché non sanno vedere quello che hanno davanti (il presente e il futuro), gli altri guardano al presente e al futuro, ma sanno rappresentarseli solo in chiave tecnologica o tecnoscientifica (materiale).
Fateci caso, più le anime umane diventano impotenti e sterili, e più nascono oggetti o cose “di nuova generazione”.

155) “Nel presente cosmico l’uomo partecipa, con le sue forze di pensiero che lo affrancano, al macrocosmo morto, e con le sue forze di volontà, che per la loro essenza gli sono celate, alla vita di quello nuovo che germoglia quale entità terrestre”.

Mi avete sentito dire, più volte, che l’errore di Freud e di Jung è stato quello di voler penetrare nel profondo della vita incosciente mediante l’intelletto o l’ordinaria coscienza di veglia.
In tal modo, infatti, non si ottiene, secondo quanto auspicava Freud, che, in luogo dell’Es, regni l’Io, bensì, come dimostra la vita odierna, che, in luogo dell’Io (dell’ego), regni l’Es.
Per far sì che, al posto dell’Es, regni l’Io, bisogna indagare, è vero, la vita incosciente, ma non quella che si crede (ingenuamente) che stia, al pari di ogni altro oggetto, “all’esterno” della vita cosciente, bensì quella che vive “all’interno” dell’ordinaria vita rappresentativa, quale vita immaginativa, ispirata e intuitiva: non l’inconscio, insomma, che sta “fuori” del conscio, ma l’inconscio che sta “dentro” il conscio.
Osserva appunto Scaligero: “Un inconscio non può esistere se non per un “conscio”. Solo un essere cosciente, in quanto muove in concetti, può proiettare dinanzi a sé un inconscio e rappresentarsene i movimenti (…) Un essere non dotato di coscienza che gli costituisca fondamento, non può concepire qualcosa che gli sia “altro”. Si tolga la coscienza e l’idea di inconscio cessa di esistere. Al sognante il sogno appare realtà, ma comincia col configurarsi come un’alterità che si chiama sogno, per colui che è desto, o fuori del sogno. Non v’è inconscio fuori del conscio. Ma la ricerca psicologica si è svolta, in questo secolo, in modo strano: essa ha operato in modo che nel conscio non sia più ravvisabile il principio, bensì l’essere secondario condizionato dall’inconscio come dal contenuto essenziale” (11).
Ricordate che cosa dissi, quando cominciammo lo studio de La filosofia della libertà? Dissi: “Nella vita ordinaria conosciamo, da un lato, le rappresentazioni e, dall’altro, le immagini percettive, ma ignoriamo, sia come si formino le une, sia come si formino le altre. Ebbene, grazie a questo testo, penetreremo nei loro recessi, per portare alla coscienza quanto agisce di norma nell’incoscienza”.
Immaginiamo che “nel presente cosmico” l’uomo fosse costretto a partecipare, “con le sue forze di pensiero”, non al “macrocosmo morto”, ma a “quello nuovo che germoglia quale entità terrestre”. Che cosa accadrebbe? Accadrebbe che il pensiero non lo affrancherebbe, giacché le forze di volontà del nuovo macrocosmo, veicolate dal pensiero, non solo non gli rimarrebbero celate, ma anzi gli s’imporrebbero: accadrebbe, ossia, che l’uomo, in quanto soggetto (come gli animali) a queste, non potrebbe conoscerle, né farle liberamente sue.

Note:

1) R.Steiner: L’uomo sintesi armonica delle attività creatrici universali – Antroposofica, Milano 1968, p. 13;
2) ibid., p. 21;
3) ibid., p. 74;
4) G.W.F.Hegel: Enciclopedia delle scienze filosofiche – Laterza, Roma-Bari 1989, p. 345;
5) R.Steiner: Arte dell’educazione, vol. I, Antropologia – Antroposofica, Milano 1993, p. 171;
6) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p. 230;
7) R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale – Antroposofica, Milano 1999, p. 124;
8) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni – Antroposofica, Milano 1995, p. 190;
9) R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale, p. 138;
10) M.Scaligero: Graal. Saggio sul Mistero del Sacro Amore – Tilopa, Roma 1982, p. 28;
11) M.Scaligero: Psicoterapia. Fondamenti esoterici – Perseo, Roma 1974, p. 13.

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Di Lucio Russo
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