Della “rinuncia creativa” (3)

D

La cosa è diversa per il regno umano. Anche questo, a tutta prima, riceve il suo astrale dalle forze lunari conservate. Ma le forze solari contengono impulsi astrali che restano inattivi per il regno animale, e che tuttavia nell’astrale umano operano come avevano agito le forze lunari nel loro primo permeare l’uomo di astralità. Nel corpo astrale dell’animale si vede il mondo lunare; in quello umano l’accordo armonico del mondo solare e del mondo lunare”.

Gli impulsi astrali dell’antico-Sole, di quell’antico-Sole ch’è tornato con il Cristo e che ha reso la Terra Corpus Domini, non operano nel regno animale (“nel mondo animale, per il permearsi del corpo fisico e di quello eterico con il corpo astrale, importano soltanto le forze astrali conservatesi da epoche anteriori nell’elemento terrestre presente”); vi agiranno, ma devono prima agire nell’uomo, mediati, nell’ordine, dall’Arcangelo Michele, dalla Vergine-Sophia e dallo Spirito Santo. Nell’immaginazione del Santo Graal, il Calice rappresenta la Vergine Sophia (della quale Michele è il “Cavaliere”) e la Lancia lo Spirito Santo. La loro unione genera il Cristo, “Figlio di Dio”, quale “Figlio dell’uomo”.
(Riguardo al modo in cui l’uomo ha trascinato con sé, nella caduta o nel cosiddetto “peccato originale”, il regno animale e quello vegetale, vi consiglierei di leggere e meditare la quarta delle otto conferenze di Steiner pubblicate, dall’Editrice Antroposofica, con il titolo: Contributi alla conoscenza del Mistero del Golgota.)
La realizzazione, sulla Terra, dell’“accordo armonico del mondo solare e del mondo lunare” è responsabilità di ciascuno di noi. Non si tratta infatti di un dono di natura, ma di una conquista dello spirito.

Su questo elemento solare nel corpo astrale umano poggia la possibilità che l’uomo accolga, per la graduale formazione della sua autocoscienza, la spiritualità che si irradia nella sfera terrestre. L’astrale fluisce dalla periferia dell’universo. Esso opera sia come astralità presente, sia come astralità che è fluita in epoche primordiali e che fu conservata. Ma tutto ciò che riguarda la formazione dell’io, quale portatore di autocoscienza, deve irraggiare da un centro stellare. L’elemento astrale agisce dalla periferia; ciò che è dell’io agisce da un centro. La terra, come stella, dà impulsi dal suo centro all’io umano. Ogni stella irradia dal proprio centro forze dalle quali viene conformato l’io di ogni entità”.

Abbiamo spesso utilizzato l’immagine del cerchio zodiacale e considerato le sue dodici parti quali regioni animiche aventi il loro centro nell’Io.
A chi non è capitato di sentir dire da qualcuno: “Io sono un sagittario”, oppure “un cancro”, “un leone”, un “ariete”, ecc.. Si è in questo caso in presenza di un Io che si è identificato con una particolare regione animica, deputandola, in modo più o meno deliberato, a dare una qualche forma, per lo più caratteriale, alla propria identità.
Ci si dovrebbe invece impegnare a raggiungere, muovendo dalla particolare regione assegnataci dal karma, quel centro “stellare”, quell’Io privo di forma, dal quale è poi possibile muovere verso ogni regione animica.
Questo è “fare anima”. Si nasce, per volontà del karma, in una delle regioni dello zodiaco e la si sente di conseguenza come propria natura. Anche le altre, però, ci appartengono, perché la vera anima, la Vergine-Sophia, le contiene e comprende tutte (“Tu sei benedetta tra le donne”).
Nella meditazione del mattino, diciamo: “Io sono in Dio”, in quanto, contraendoci, guardiamo, dal confine microcosmico degli organi di senso fisici, “fuori” di noi, mentre in quella della sera, diciamo: “Dio è in me”, in quanto, espandendoci, guardiamo, dal confine macrocosmico dello zodiaco, “dentro” di noi. Durante lo stato di sonno ci troviamo infatti (quali Io) nello zodiaco, ossia, per l’appunto, nella nostra vera anima.
Ripeto: dovremmo dis-identificarci dalla regione dataci dal karma, portarci al centro, e muovere liberamente, da questo, verso la “periferia”, in ragione non delle nostre personali necessità, ma di quelle del mondo e degli altri (“Al Redentor Redenzione! ”: così canta il coro mistico alla fine del Parsifal).

Così si presenta la polarità fra centro stellare e periferia cosmica. Da questa esposizione appare nello stesso tempo come il regno animale esista ancora oggi quale risultato di forze evolutive anteriori dell’essere terrestre, come esso consumi le forze astrali conservate, ma come debba sparire quando tali forze siano esaurite. L’uomo acquista invece dall’elemento solare nuove forze astrali. Esse gli rendono possibile proseguire la sua evoluzione nel futuro”.

L’animale è prigioniero del passato, mentre l’uomo è portatore del passato, ma può anche muovere verso il futuro. C’è una realtà lunare, ch’è una realtà del passato, e una realtà solare, orientata verso il futuro, ch’è in grado di creare nuova anima (nuova astralità). In ognuno di noi, convivono queste due realtà; dobbiamo imparare a gestirle. Com’è possibile infatti esaltarsi istericamente per le forze solari legate al futuro, così è possibile deprimersi nevrastenicamente per le forze lunari legate al passato.
L’uomo moderno porta dentro di sé tanto Parsifal che Amfortas. Ne ho parlato in un articolo intitolato Un’altra lettera delle Massime antroposofiche, e a questo pertanto vi rimando. Voglio solo ricordare che Steiner afferma che si deve in primo luogo lottare per divenire sempre più Parsifal, dal momento ch’è solo divenendo sempre più Parsifal ch’è possibile curare e redimere Amfortas.
Grazie alle molteplici sue indicazioni, a quelle, in primo luogo, dell’Iniziazione, possiamo imparare a governare la contraddizione che c’è, in tutti noi, tra il passato e il futuro coabitanti, assai di rado pacificamente, nel presente.

Da tutto questo si vede che non possiamo capire l’uomo nella sua essenza, se non diventiamo altrettanto coscienti del suo nesso col mondo stellare, quanto lo siamo del suo nesso con la terra. E ciò che l’uomo riceve dalla terra per lo sviluppo della sua autocoscienza deriva pure dal mondo spirituale operante nella sfera terrestre. Che il sole dia all’uomo ciò che gli occorre per la sua astralità, è conseguenza di azioni svoltesi nell’antica epoca solare. Allora la terra ricevette la facoltà di svolgere gli impulsi umani dell’io. E’ la spiritualità appartenente a quell’epoca che la terra ha conservata dall’elemento solare e che viene preservata dal morire per l’influsso presente del sole”.

Ho già detto che nella terza conferenza di Evoluzione secondo verità, relativa al passaggio dall’antico-Sole all’antica-Luna, Steiner parla della nostalgia, di una realtà animica notoriamente e romanticamente attribuita all’atmosfera lunare. Bisogna fare però attenzione, perché la vera nostalgia è una nostalgia lontana e profonda: è la nostalgia del tempo in cui eravamo in Dio.
Non so se sapete che “desiderare”, derivando dall’unione del privativo “de” con “sidera” (“stelle”), significa, alla lettera, “sentire la mancanza delle stelle”. Pensateci, e ripensate poi, in questa luce, alle prime parole della prima delle Massime: “L’antroposofia è una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo”.
In futuro l’antica unione (“in” Cristo) diverrà una comunione (“con” Cristo), perché saremo degli “Io-sono” nell’“Io-sono”, perché saremo in Dio tanto quanto Dio sarà in noi (permettendoci così di vivere “per” Cristo). Una meditazione, data da Steiner, finisce con queste parole: “Troverò me stesso nella divinità del mondo”. Che cosa significa? Significa appunto che troveremo “l’Io-sono” nell’“Io-sono”.
Un’altra meditazione, l’ultima di quelle per i giorni della settimana (dalle 18 del Giovedì alle 18 del Venerdì), si conclude con queste parole: “Tu sei. Io sono. Tu sei” (il “Tu sei” può valere come “l’essere sei Tu”).
Pensate infine al prologo del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era un Dio”; e subito dopo ripete: “Egli era in principio presso Dio”. Perché questa ripetizione? Perché tiene a ribadire che “in principio” il divenire (il Figlio) era presso l’essere (il Padre), e che il divenire era un essere: tiene a ribadire, cioè, che l’essere diviene e che il divenire è (“Tutto è stato fatto per mezzo Suo, e senza di Lui neppure una delle cose create è stata fatta”).
Fate però attenzione perché non è vero che il Padre sia l’essere e il Figlio il divenire (come potrebbe pensare l’anima razionale-affettiva), bensì è vero che l’essere è il Padre e il divenire il Figlio.

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Di Lucio Russo
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