Essere di questo mondo o da Dio

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Scrive Vladimir Solov’ev: “Il cristianesimo è apparso come la buona notizia della salvezza per tutto il mondo. Infatti, tutto il mondo giace nel male. Cristo ci ha rivelato la via della salvezza da questo male che domina il mondo con il suo sacrificio e il suo insegnamento. L’umanità è entrata in questa strada, ma sono pochi quelli che l’hanno percorsa, e finora la salvezza universale resta solo una buona notizia. E fino ad oggi il mondo giace nel male. Anche il senso vitale del cristianesimo è stato alterato prima dalle guide dell’umanità in una dottrina astratta, e poi è scomparso quasi completamente dalla coscienza degli uomini d’avanguardia e si è nascosto nella profondità tenebrosa dell’anima popolare. Il senso del cristianesimo non può neanche essere chiaro per coloro che si sentono bene in questo mondo. Per costoro anche la predicazione del Cristo era una parola muta, perché essi non vedevano il male per il quale Cristo era venuto a salvare il mondo. Non lo hanno visto e non lo vedono perché essi stessi sono del mondo e totalmente dominati dal male del mondo. Coloro invece che sentono il peso di questo male e cercano la salvezza mostrano di non essere di questo mondo, ma da Dio” (I fondamenti spirituali della vita – Lipa, Roma 1998, p.75).
Secondo Solov’ev, si darebbero dunque due tipi umani: quelli che si sentono a loro agio nel mondo (in quanto “sono del mondo”) e quelli che vi si sentono a disagio (in quanto sono “da Dio”). Dal punto di vista della scienza dello spirito, la cosa appare tuttavia più complessa. Il primo tipo, infatti, amando unilateralmente il mondo sensibile, non sa vedere il sovrasensibile nel sensibile, mentre il secondo, amando altrettanto unilateralmente il mondo sovrasensibile, non sa vedere il sensibile nel sovrasensibile. L’uno ha pertanto una falsa visione del mondo sensibile, ispiratagli da Arimane, l’altro di quello sovrasensibile, ispiratagli da Lucifero. Nessuna delle due è ispirata dunque dal Cristo. Se non si sostituisce la consueta “diade” (bene-male) con una “triade” si rischia quindi di credere che siano “da Dio” coloro che sono invece “da Lucifero”, e che siano viceversa “dal diavolo” coloro che hanno il torto di amare questo mondo, e non il mondo. Abbiamo detto che nessuna di queste due posizioni è ispirata dal Cristo. Ma ciò è vero solo in parte. Ciò che vi è di positivo in entrambe (l’amore dell’una per la realtà sensibile e l’amore dell’altra per quella sovrasensibile) è infatti un residuo di quella originaria ispirazione del Cristo che, solo in quanto deformata poi da Arimane e Lucifero, fa dell’amore per la realtà sensibile uno strumento di avversione per quella sovrasensibile, e dell’amore per la realtà sovrasensibile uno strumento di avversione per quella sensibile.
Dice Solov’ev che il “senso vitale del cristianesimo (…) si è nascosto nella profondità tenebrosa dell’anima popolare”. Ciò vuol dire allora che l’impulso o il senso vitale del cristianesimo è in primo luogo attivo (nell’anima di ciascuno, e non solo in quella “popolare”) nella sfera incosciente (o dormiente) della volontà, e che comincia a farsi avvertire in quella subcosciente (o sognante) del sentimento. Molti dunque lo avvertono, ma di rado lo riconoscono per quello che è. E’ appunto di questo limite o di questa debolezza della coscienza umana che approfittano le entità ostacolatrici per impedire il riconoscimento della vera natura dell’impulso volitivo (morale) dal quale origina ciò che viene sperimentato nella sfera del sentire (quale disagio o malessere “esistenziale”). Tali entità, comunque, non operano mai disgiunte e non sempre è facile cogliere le sottili interrelazioni dinamiche che instaurano tra loro. L’idealismo cosciente dei borghesi, ad esempio, è sotteso da un inconscio materialismo, mentre il materialismo cosciente dei marxisti è sotteso da un inconscio idealismo. Il che significa che a un idealismo del pensiero (luciferico) corrisponde quasi sempre un materialismo della volontà (arimanico), così come a un materialismo del pensiero (arimanico) fa da pendant un idealismo della volontà (luciferico). Sul piano politico, si potrebbe perciò dire, generalizzando, che i “conservatori”, essendo di “questo mondo”, sono arimanici, mentre i rivoluzionari, non essendolo, sono luciferici. I primi, però, si fanno in genere scudo dell’idealismo o dello spiritualismo luciferico, mentre i secondi imbracciano in genere le armi del materialismo o dello scientismo arimanico. Anche questo, comunque, non è del tutto esatto. Tra i rivoluzionari, ovvero tra coloro che – come dice Solov’ev – “sentono il peso” del male del mondo, occorre ancora distinguere quelli di sinistra da quelli di destra. Entrambi, infatti, rifiutano il modello umano e sociale borghese, ma lo fanno in modo diverso o, per meglio dire, antitetico. Quelli di sinistra lo rifiutano in nome del materialismo o dello scientismo (economicistico) mentre quelli di destra lo fanno in nome dell’idealismo o dello spiritualismo (nazionalistico). In ogni caso, ciò che più importa rilevare è che, in ambedue i casi, si fa appello a delle teorie o ideologie astratte (e per ciò stesso luciferiche), che aprono fatalmente la via, al di là di ogni pur buona intenzione, alla prassi delle entità arimaniche (ovvero, alla loro brama o sete di potere). Certo, l’astrattezza della cultura dei rivoluzionari di sinistra non è così facile da cogliere come quella della cultura dei rivoluzionari di destra. Essa può in effetti ingannare poiché si richiama incessantemente alla “concretezza”, all'”oggettività” e, per l’appunto, alla “prassi”. Tuttavia, proprio questo “ossessivo” richiamo (ideale e verbale) al reale è il sintomo di una condizione interiore cui il reale stesso tende costantemente e angosciosamente a sfuggire. In altre parole, il rivoluzionario di sinistra predica, sì, la “prassi” (la volontà o l’azione), ma in realtà dispone, non della prassi, bensì della sola sua rappresentazione. Non sarebbe dunque male considerare questo fatto allorché ci si chiede (e sono in molti oggi a farlo) come mai la “nobiltà” del socialismo “ideale” si sia tradotta nella “miseria” del socialismo “reale”.
Ancor più complesso si fa inoltre il quadro, ove si consideri che, nell’ambito della sinistra e dopo la caduta del “Muro di Berlino”, ai tipi arimanico-luciferici che cercano in tutti i modi di mantenere in vita il marxismo (in quelle “sale di rianimazione” in cui si “rivisitano” le realtà culturali), si sono affiancati quei tipi luciferico-arimanici che gravitano nell’orbita dei “centri sociali” o fanno parte, più in generale, del cosiddetto “popolo di Seattle”.
Questa recente suddivisione, interna alla sinistra, rende ancor più difficile distinguere (al di là di ogni soggettivo e manifesto pronunciamento) il militante di sinistra da quello di destra. I temi ambientalistici del “popolo di Seattle”, ad esempio, sono molto più vicini a quelli “paganeggianti”, “antindustrialisti” e “antimodernisti” della tradizione (luciferica) della destra che non a quelli “legalisti”, “positivisti” e “modernisti” della tradizione (arimanica) del marxismo. Così come, d’altro canto, lo spirito dogmatico, moralista e ormai nostalgico dei marxisti ortodossi somiglia molto più a quello (arimanico) dei “conservatori” cattolici che non a quello (luciferico) degli odierni contestatori.
Per concludere, può essere interessante osservare ch’è proprio quest’ultimo aspetto della lotta condotta dal “popolo di Seattle” a suggerire a Baget Bozzo le seguenti considerazioni: “L’intifada contro l’Occidente è cominciata. Non è possibile non cogliere con lo sguardo l’affinità tra il lancio di pietre di Gerusalemme e il lancio di pietre a Goteborg, non avvertire che un esempio trascina l’altro. E non ci è nemmeno lecito dimenticare che la lotta degli ecologisti contro la tecnologia e la lotta del fondamentalismo islamico hanno le medesime motivazioni profonde e implicite solidarietà (…) Questa è una guerra contestuale contro la tecnologia, contro l’Occidente, contro il Cristianesimo” (Il Giornale, 19 giugno 2001).
Riteniamo un errore, tuttavia, identificare il Cristianesimo con l’Occidente e la tecnologia. Così facendo, infatti, gli s’impedisce di collocarsi, quale terzo (quale spirito europeo), tra lo spirito luciferico (orientale) e quello arimanico (occidentale), e di poter in tal modo conciliare e trascendere, a un tempo, le loro contrastanti aspirazioni. Per fare una cosa del genere, lo spirito europeo dovrebbe però disidentificarsi da quello dell’Occidente (da quello del pragmatismo o dell’utilitarismo materialistico), riallacciarsi a quello del goetheanismo (ripreso e messo a frutto dalla scienza dello spirito di Rudolf Steiner) e ritrovare così, unitamente a sé stesso, il “senso vitale – per dirla con Solov’ev – del cristianesimo”.

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Di Francesco Giorgi
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