Massime antroposofiche
88/89/90 – 1°

M

Prima di cominciare a leggere questa lettera, intitolata: Aforismi tratti da una conferenza per soci del 24 agosto1924 a Londra (7 settembre1924), vorrei dire ancora qualcosa sul divorzio del pensare dal volere, ch’è anche, ovviamente, un divorzio dal sentire.
Com’è vero che il pensare si divide dal sentire e dal volere, così è vero che il sentire e il volere si dividono dal pensare, e che l’uomo viene di conseguenza a disporre, da una parte, di un pensare “privo” (interiormente) di sentire e di volere e, dall’altra, di un sentire e di un volere “privi” (interiormente) di pensare.
Abbiamo visto che il pensare, privato di sentire e di volere, diventa una luce priva di calore, mentre il sentire e il volere, privati del pensare, diventano un calore privo di luce.
Il che significa che si particolarizzano o soggettivizzano, giacché cessano di veicolare la volontà del mondo spirituale per veicolare quella dell’ego (fiat voluntas mea).
Nella testa s’insedia così un pensare (concettuale) che conserva, benché in modo astratto, una valenza universale, mentre nel restante organismo s’insediano un sentire e un volere che assumono un carattere particolare e soggettivo (karmico).
Tale carattere, ogni volta che il sentire e il volere prendono il sopravvento, particolarizza o soggettivizza il pensare (astratto), riducendolo per ciò stesso a opinare (l’opinione, dice Hegel, è un pensiero mio, e non un pensiero in sé e per sé).
Detto questo, leggiamo la lettera.

Nello stadio cosmico attuale della sua evoluzione, la coscienza umana sviluppa tre forme di coscienza: di veglia, di sogno e di sonno senza sogni.
La coscienza di veglia sperimenta il mondo esteriore che cade sotto i sensi, costruisce delle idee su di esso, e sulla base di tali idee può formarne altre che riflettano un mondo puramente spirituale. La coscienza di sogno sviluppa immagini che trasformano il mondo esteriore, collegando per esempio al sole che batte sul letto l’esperienza di sogno di un incendio con molti particolari. Oppure pone dinanzi all’anima il mondo interiore umano in immagini simboliche, per esempio ponendo nell’immagine di una stufa surriscaldata il cuore che batte velocemente. Anche i ricordi rivivono trasformati nella coscienza di sogno. A ciò si aggiungono i contenuti di immagini che non sono presi dal mondo dei sensi, ma da quello spirituale; questi però non offrono la possibilità di penetrare conoscitivamente nel mondo spirituale perché la loro essenza crepuscolare non permette di elevarsi del tutto alla coscienza di veglia, e perché quello che in essa affiora non può venire realmente compreso
” (p. 64).

Abbiamo detto che, parlando dell’anima, parliamo del pensare, del sentire e del volere, mentre, parlando dello spirito, parliamo di livelli di coscienza (e di potenza) che sono Gerarchie, o di Gerarchie che sono livelli di coscienza (e di potenza).
“La coscienza di veglia – dice Steiner – sperimenta il mondo esteriore che cade sotto i sensi, costruisce delle idee su di esso, e sulla base di tali idee può formarne altre che riflettano un mondo puramente spirituale”.
Sappiamo, infatti, che l’intelletto pensa quanto viene percepito mediante i sensi, ma che, astraendo, elabora pure delle teorie nelle quali può arrivare a riflettersi, come nel caso dell’idealismo, la realtà dello spirito.
La coscienza di veglia è una luce (il “lume naturale”) che illumina il mondo. Quella retta dal pensiero intellettuale, vincolato ai sensi, non ne illumina però che una parte: quella costituita dal mondo fisico.
Non si tratta pertanto di ottunderla o spegnerla, ma di intensificarla, così che possa illuminare anche il mondo della vita e quello animico-spirituale.
Passiamo adesso alla coscienza di sogno, tenendo presente che i sogni possono avere varie origini, e che l’arte sta nel capire, di volta in volta, a quale livello di realtà debba essere riferito il loro linguaggio immaginativo o simbolico.
Qui Steiner ne enumera quattro.
1 – “La coscienza di sogno – comincia col dire – sviluppa immagini che trasformano il mondo esteriore, collegando per esempio al sole che batte sul letto l’esperienza di sogno di un incendio con molti particolari”.
L’origine di questi sogni va dunque ricercata nell’ambiente o nel mondo esterno (presente).
2 – “Oppure – continua – pone dinanzi all’anima il mondo interiore umano in immagini simboliche, per esempio ponendo nell’immagine di una stufa surriscaldata il cuore che batte velocemente”.
L’origine di questi altri va dunque ricercata non nel mondo esterno, ma nel mondo interno fisico o corporeo (presente).
Anni fa, tanto per fare un esempio, il mio dentista notò che avevo sul palato delle strane bollicine; la cosa lì per lì mi preoccupò, perché nemmeno lui seppe spiegarne la natura. Ma che cosa accadde poi? Accadde che, durante la notte, sognai degli operai intenti a riparare un soffitto a volta. Non mi fu difficile capire che tale volta era quella del mio palato, e che qualcuno stava provvedendo, a mia insaputa, a curarlo.
3 – “Anche i ricordi – prosegue – vivono trasformati nella coscienza di sogno”.
Come siamo passati prima dall’ambiente esterno all’ambiente interno, o dal mondo fisico al corpo fisico, così passiamo adesso dal corpo fisico al corpo eterico (dal presente al passato).
Sapendo che il corpo eterico è il corpo della memoria, non ci meraviglieremo che i sogni peschino a piene mani in questo ricco serbatoio (dei “ricordi in sé”) per dar vita alle loro creazioni immaginative.
4 – “A ciò si aggiungono – conclude – i contenuti di immagini che non sono presi dal mondo dei sensi, ma da quello spirituale”.
Sono questi i sogni più importanti e significativi: ossia quelli che possono realmente aiutarci, poiché sono messaggi o “detti degli Dèi” (così li chiama Steiner in Conoscenza Iniziatica) (1).
In questi sogni parlano le nostre guide, o parla, se volete, l’”Angelo custode”. Chi segue la scienza dello spirito può dunque far tesoro dei sogni, a patto che sia consapevole che non è mediante i sogni che si può “penetrare conoscitivamente nel mondo spirituale”, ma che è mediante la conoscenza del mondo spirituale che si può “penetrare conoscitivamente” nel mondo dei sogni.
Il problema, infatti, è quello della loro interpretazione (afferma Steiner: “Il sogno è qualcosa, vorrei dire, che già conduce la coscienza ordinaria nel mondo spirituale. Deve però essere compreso giustamente”) (2).
Tutti sognano, ma non tutti sono in grado d’interpretare in modo “spirituale-morale” i sogni, giacché, per farlo, bisognerebbe aver sviluppato, almeno un poco, la coscienza immaginativa e quella ispirata (ch’’è un divenire, spiritualmente, “tutt’orecchi”).
Quel ch’è certo è che la capacità d’interpretare giustamente i sogni non è il risultato di una tecnica appresa dall’intelletto, ma il frutto, per così dire, “spontaneo” dello sviluppo di superiori livelli di coscienza.
Ascoltate ciò che scrive in proposito Unger: “Michele domina in una sfera che è separata dalla coscienza dell’uomo solo da una sottile parete. La porta verso di lui deve venir sfondata dal pensare; le altre porte dell’anima umana si aprono per così dire da sole, se quanto ebbe inizio nel pensare viene proseguito in modo conforme alla sua propria forza” (3).

Domanda: E’ vero che i sogni sono premonitori?
Risposta: Se sognassi la mia casa che crolla, e poco tempo dopo mi crollasse la casa, potrei certamente parlare di un sogno premonitore. Ma questo accade raramente, tanto che Steiner mette in guardia dal prendere i sogni alla lettera: dal riferirli, cioè, alla realtà fisica o materiale (anche Freud, del resto, distingueva, benché in tutt’altro senso, il “contenuto manifesto” dei sogni dal loro “contenuto latente”).
Anni fa, ad esempio, sognai la mia tomba con una lapide che indicava, come d’uso, la data di nascita e quella di morte. Non fu divertente, perché la data della morte non era ancora arrivata, ma stava per arrivare. Non mi preoccupai più di tanto, però, perché sapevo che i sogni si riferiscono più alla morte interiore che a quella esteriore (fisica), e quindi – per dirla con Goethe – al “perisci e divieni”.
Possono dunque darsi, seppure raramente, dei sogni premonitori, così come possono darsene altri che appagano (come sostiene Freud) un desiderio o che compensano (come sostiene Jung) le unilateralità della coscienza, e altri ancora che forniscono invece (come afferma Steiner) delle preziose indicazioni di carattere spirituale-morale. “Il sogno – dice infatti – può essere in diversissimi modi un avvertimento, un correttore. Se viene riferito giustamente non al mondo inferiore, ma a quello superiore, esso può senz’altro servire d’indirizzo alla vita umana” (4).
Riguardo al rapporto tra il sogno e il futuro, senti cosa dice qui: “Chi studia il sogno partendo dalla scienza dello spirito si dice: come per molte altre cose, nella coscienza, presaga ma anche superstiziosa, che nel sogno potrebbe spesso svelare il futuro, è celata da un lato una verità cui si aspira, e dall’altro una pericolosa superstizione; quest’ultima perché in ciò che vive nel sogno, in modo sostanziale e reale, è veramente presente come l’anima si svilupperà nell’avvenire, è presente la parte eterna della nostra anima. Da quel che si sogna si può già intuire che contiene, sia pure non in rappresentazioni, il germe vivente del nostro futuro” (5).

Ma torniamo a noi.

Nell’immediatezza del risveglio è però possibile afferrare abbastanza del mondo del sogno, in modo da rendersi conto come esso sia la copia imperfetta di uno sperimentare spirituale che riempie il sonno, ma che si sottrae per la sua massima parte alla coscienza di veglia. Per vedere questo, è sufficiente configurare l’istante del risveglio in modo che questo non faccia comparire in un sol colpo il mondo esteriore dinanzi all’anima, ma che l’anima, ancora senza guardare verso l’esterno, si senta protesa verso quanto ha sperimentato interiormente” (pp. 64-65).

Ciò significa, in parole povere, che se apriamo di colpo gli occhi, o siamo buttati giù dal letto da una sveglia, abbiamo ben poche speranze di ricordare i sogni.
Svegliandoci invece lentamente e continuando a tenere gli occhi chiusi, ci sarà più facile non solo ricordare i sogni, ma avvertire (in modo più o meno netto) di aver fatto, durante il sonno, delle vere e proprie esperienze.
Avrete notato, ad esempio, che talvolta ci si sveglia di cattivo o di buon umore, senza saperne la ragione. Proprio lo stato dell’umore al risveglio può essere però conseguenza delle esperienze (astrali) fatte durante la notte.

La coscienza di sonno senza sogno permette all’anima di attraversare le esperienze che appaiono nel ricordo soltanto come qualcosa di indistinto nel compiersi del tempo. Si potrà continuare a parlare di tali esperienze come di qualcosa che non esiste, fino a quando non si penetrerà in esse mediante la indagine scientifico-spirituale. Se però questo avviene, se si sviluppa la coscienza immaginativa ed ispirata nel modo indicato nella letteratura antroposofica, allora affiorano dalla oscurità del sonno le immagini e le ispirazioni di esperienze provenienti da passate esistenze terrene. Allora si potrà anche vedere il contenuto della coscienza di sogno. È un contenuto non afferrabile dalla coscienza di veglia; esso indirizza al mondo in cui l’uomo si trattiene fra due esistenze terrene, quale anima disincarnata” (p. 65).

Che cosa abbiamo detto appunto, poco fa? Che per poter interpretare giustamente i sogni, bisognerebbe aver sviluppato, almeno un poco, la coscienza immaginativa e quella ispirata.
Quando ci addormentiamo, varchiamo infatti la soglia e penetriamo nel mondo spirituale dove facciamo delle esperienze. Queste esperienze fatte durante il sonno senza sogni nel mondo astrale (legato alla coscienza ispirata) si riflettono poi nel corpo eterico (immaginativo), dando così origine ai sogni.
Teniamo presente che la vita di veglia va messa in rapporto con la presente vita terrena, mentre quella di sogno va messa in rapporto con la vita pre-natale, e quella del sonno senza sogni con le vite terrene precedenti (i riflessi onirici di queste possono perciò essere afferrati solo dalla coscienza intuitiva).
Dormendo, viaggiamo dunque a ritroso nel tempo.
Ricordate, infatti, che cosa dicemmo quando parlammo del karma umano (massima 43)? Dicemmo che, in questo, abbiamo uno stesso spazio, ma un diverso tempo: uno stesso spazio, perché cause terrene producono effetti terreni; un diverso tempo, perché gli effetti si danno nella vita presente, mentre le cause si trovano in una delle vite precedenti.

Se si impara a conoscere che cosa nascondano la coscienza di sogno e di sonno per l’attuale fase cosmica, si aprirà la via per comprendere le forme evolutive della coscienza umana nei tempi primordiali. Non vi si può arrivare mediante l’indagine esteriore, perché le testimonianze esteriori conservate portano soltanto ad effetti postumi di esperienze antecedenti il periodo storico della coscienza umana“.

In tanto oggi disponiamo, al di sotto della coscienza di veglia, di una coscienza di sogno e di una coscienza di sonno, in quanto abbiamo sperimentato, nel corso dell’evoluzione dell’anima, altre forme di coscienza.
Ciò che oggi sperimentiamo ad esempio quale coscienza di sogno non è che il residuo subcosciente di un stato che equivaleva, un tempo, alla nostra coscienza di veglia: è il residuo subcosciente, cioè, della crepuscolare e istintiva veggenza che caratterizzava l’antica umanità.
Come si vede, anche sul piano animico l’ontogenesi, come sosteneva Ernst Haeckel, ricapitola la filogenesi (6).
Il che potrebbe peraltro aiutarci a capire come sia possibile ricostruire la vera storia dell’uomo e della Terra (come ha fatto ad esempio Steiner ne La scienza occulta) (7).
In ognuno di noi, infatti, sono tuttora presenti, al di sotto della coscienza di veglia, l’uomo antico-lunare del sogno, l’uomo antico-solare del sonno, e l’uomo antico-saturnio della morte.
Sia chiaro, però, che quando parliamo ad esempio dell’antica coscienza di sogno parliamo di una coscienza simile, ma non identica a quella attuale. E perché? E’ ovvio: perché il livello della coscienza di sogno era allora il più alto, mentre adesso è subordinato a quello della coscienza (intellettuale) di veglia.
Vedete, il senso della storia è importante, ma ancora più importante è il senso della preistoria, giacché la prima (basata sulle testimonianze scritte) deve poggiare necessariamente sulla seconda (basata sulla tradizione orale). “Le testimonianze esteriori conservate – dice appunto Steiner – portano soltanto ad effetti postumi di esperienze antecedenti il periodo storico della coscienza umana”.
Ma qual è oggi – chiediamoci – il nostro senso della preistoria? Non credo di esagerare affermando ch’è all’incirca quello rappresentato dai cavernicoli di B.C. (Before Christ), noti e divertenti protagonisti delle strisce del fumettista americano Johnny Hart.
Se la storia, d’altro canto, è una “favola convenuta” (come diceva Napoleone), possiamo ben immaginare che cosa sia allora la preistoria.

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Di Lucio Russo
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