Massime antroposofiche
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M

La letteratura antroposofica dà spiegazioni su come sia possibile arrivare ad osservare tali esperienze mediante l’indagine spirituale.
Nell’antica epoca egizia tale indagine trova una coscienza di sogno molto più vicina a quella di veglia di quanto non avvenga oggi nell’uomo. Le esperienze di sogno riecheggiavano come dei ricordi nella coscienza di veglia; e questa non forniva soltanto le impressioni sensorie da afferrare in ben definiti pensieri; ma ad esse legava lo spirituale che agiva nel mondo dei sensi. Di conseguenza l’uomo era istintivamente inserito con la sua coscienza nel mondo che aveva lasciato a seguito della sua incarnazione terrena, e nel quale sarebbe di nuovo entrato quando avesse passato la porta della morte
” (pp. 65-66).

Abbiamo detto, poco fa, che l’antica coscienza di sogno va immaginata simile, ma non identica, a quella attuale.
Nell’epoca egizia (o dell’anima senziente), ad esempio, gli uomini non sperimentavano, come noi, una netta cesura tra la vita di sogno e quella di veglia, bensì vivevano in uno stato intermedio, che potremmo chiamare di “dormi-veglia” (sempre diverso, però, da quello cui ci riferiamo oggi con la stessa espressione). Questo stato di coscienza faceva da trait-d’union tra l’esperienza sensibile e quella spirituale.
Quando il cordone ombelicale, che manteneva legati al mondo spirituale, si è più tardi reciso, lo stato di veglia si è scisso da quello di sogno, consentendo così l’avvento dell’anima cosciente e della modernità. Non si è reciso naturalmente di colpo, ma si è andato lentamente e gradualmente assottigliando (nel corso della quarta epoca post-atlantica, quella greco-latina) fino ad arrivare alla rottura (nella nostra quinta epoca post-atlantica).
La preistoria e la storia dell’anima sono dunque una testimonianza di come sia venuta progressivamente meno, fino a interrompersi, l’originaria e viva relazione dell’uomo col mondo spirituale.

I documenti scritti conservati, e altre cose, danno a chi penetri oggettivamente nel loro contenuto una chiara immagine di una tale coscienza; essa è caratteristica di un tempo di cui non esistono testimonianze esteriori.
La coscienza di sonno degli antichissimi tempi egizi contiene sogni del mondo spirituale, così come l’attuale coscienza di sonno contiene sogni presi dal mondo fisico.
Presso altri popoli si trova ancora un’altra coscienza. Il sonno proiettava le sue esperienze nello stato di veglia, ed in modo che in tale proiezione vi fosse istintivamente una visione delle ripetute vite terrene. Le tradizioni relative alla conoscenza delle ripetute vite terrene, attraverso gli uomini primitivi, derivano da tali forme di coscienza.
Nella conoscenza immaginativa sviluppata si ritrova ciò che in tempi antichi esisteva, istintivamente ed in forma crepuscolare, nella coscienza di sogno. Tale conoscenza è però pienamente cosciente come la vita di veglia
” (p. 66).

Come vedete, la coscienza di veglia è chiamata a fagocitare o esaurire i residui della coscienza di sogno e di sonno, trasformandoli, come sappiamo, nella coscienza immaginativa e in quella ispirata.
Quando ciò avverrà, e quando anche la coscienza di morte si sarà trasformata nella coscienza intuitiva, tutto ciò che oggi è subcosciente e incosciente sarà diventato cosciente.

Mediante la conoscenza ispirata si diviene allo stesso modo consci delle antichissime osservazioni istintive che ancora rivelano qualcosa delle ripetute vite terrene. L’attuale storia dell’umanità non si addentra in queste trasformazioni delle forme di coscienza umana. Essa ama credere che in sostanza le forme attuali di coscienza siano sempre esistite, fin da quando esiste un’umanità terrena.
Si preferisce considerare fioriture della fantasia poetica di un’umanità primordiale ciò che richiama altre forme di coscienza: i miti e le favole
” (p. 66).

Perché “l’attuale storia dell’umanità non si addentra in queste trasformazioni delle forme di coscienza umana”? Lo abbiamo detto: perché crede, materialisticamente, che la storia esteriore (del corpo) basti a spiegare quella interiore (dell’anima).
Non è un caso che, provando a ricordare dei libri che trattino della storia dell’anima (prescindendo, ovviamente, e da quelli di Steiner o di altri antroposofi, e da quelli di stampo cattolico o comunque religioso), non me ne venga in mente che uno: Storia delle origini della coscienza, dello psicoanalista junghiano Erich Neumann (8).
Si tratta di un libro che non ha nulla a che fare con l’antroposofia, ma che ha il pregio, nonostante le sue mezze verità o i suoi quarti di verità (peraltro più pericolosi, avverte Steiner, delle menzogne), di porre il tema sul piano scientifico (psicodinamico), e non su quello astrattamente filosofico o umanistico.
La storia attuale, dice Steiner, “ama credere che in sostanza le forme attuali di coscienza siano sempre esistite, fin da quando esiste un’umanità terrena”.
Questa credenza è il risultato (proprio in senso psicodinamico) di una “proiezione”: sull’uomo antico viene infatti proiettato, inconsciamente, l’odierno modo di pensare, sentire e volere.
Conclude Steiner: “Si preferisce considerare fioriture della fantasia poetica di un’umanità primordiale ciò che richiama altre forme di coscienza: i miti e le favole”.
Verrà un giorno – siatene certi – in cui si stenterà a credere che possano essere state fatte simili fantasie sulla fantasia, e ci si renderà conto di come non possano essere state partorite che da uomini davvero poveri di fantasia.
Ricordiamoci che Lucifero è dotato di una fantasia debordante ed estetizzante (e per ciò stesso illusoria e insana), mentre Arimane, in quanto pedante, prosaico e meschino (Il demone meschino di Fëdor Sologub) (9), è appunto povero di fantasia. Dal momento ch’è però intelligentissimo (un “cervellone”), considera i miti, le leggende e le favole “fioriture della fantasia poetica di un’umanità primordiale”: ossia, di un’umanità ingenua, puerile, se non addirittura “de-mente” (dice invece Steiner: “Quando ci stanno davanti miti, fiabe, leggende antiche, ma genuine, possiamo trovarvi maggior conoscenza, saggezza e verità che non nell’astratto sapere e dottrinarismo moderno”) (10).
Ho già detto che Steiner, ne La missione di Michele (11), parla della “santa triplicità” costituita, da Lucifero e Arimane (i due “ladroni” del Golgota) con al centro il Cristo: ossia, l’Ecce homo, il Rappresentante dell’umanità o, come dice Pavel Florenskij, la Santa Entelechia dell’umanità.
Ed ecco appunto che abbiamo, da una parte, le favole di Lucifero, belle e dis-umane, dall’altra, le favole di Arimane (spacciate per scienza), brutte e dis-umane e, al centro, le favole cristiche e umane.
E quali sono le favole cristiche e umane? Quelle raccontate dall’antroposofia: vale a dire dall’uomo stesso, allorché comincia a sapere davvero qualcosa di sé e della propria storia.
Passiamo adesso alle massime.

88) “Nella coscienza desta del giorno l’uomo sperimenta se stesso nell’epoca attuale come situato nel mondo fisico. Questa esperienza gli nasconde che nella sua propria entità esistono gli effetti di una vita fra morte e nascita”.

Come la luce del Sole “nasconde”, durante il giorno, quella pur presente delle stelle, così la “coscienza desta del giorno”, ossia la coscienza di veglia, nasconde gli effetti della vita fra morte e nuova nascita, pur presenti e attivi nella sfera subcosciente del sentire e del sogno.
Abbiamo visto che la coscienza di veglia è un “talento” che, come ammonisce la nota parabola (Mt 25,14-30), deve essere sviluppato o messo a frutto, e non conservato così come lo si è ricevuto (“Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”).
Che cosa vuol dire svilupparlo? Vuol dire intensificare ed elevare lo stato di veglia. Parlando di coscienza immaginativa, di coscienza ispirata e di coscienza intuitiva, parliamo infatti di superiori stati di veglia.
Che cosa succede invece, di norma? Che sul piano rappresentativo, grazie al “talento” ricevuto, vegliamo, mentre, sul piano immaginativo, sogniamo, sul piano ispirato, dormiamo e, su quello intuitivo, moriamo: succede, cioè, che la coscienza ordinaria sa di questi livelli come “inferiori”, senza minimamente sospettare che possano essere risvegliati e trasformati, dall’Io, in “superiori”.
Einstein ha una volta affermato che la cosa più incomprensibile del mondo è la sua comprensibilità. Ebbene, solo comprendendo perché il mondo è intelligibile è possibile comprendere la realtà dello spirito e quella dei diversi gradi di coscienza (delle diverse Gerarchie o, per dirla con Guénon, degli “stati molteplici dell’essere”) (12).
Vladimir Solov’ëv così fa dire alla Sofia: “Attraverso i fenomeni esteriori conosciamo i fenomeni interiori e, attraverso questi, l’essere, ciò che un filosofo ha chiamato la natura intelligibile” (13).

89) “Nella coscienza di sogno l’uomo sperimenta in modo caotico il proprio essere congiunto disarmonicamente con la spiritualità del cosmo. La coscienza di veglia non può cogliere il vero e proprio contenuto della coscienza di sogno. Alla coscienza immaginativa e ispirata si rivela che il mondo dello spirito, nel quale l’uomo vive fra morte e nascita, partecipa all’edificazione del suo essere interiore“.

“La coscienza di veglia – dice Steiner – non può cogliere il vero e proprio contenuto della coscienza di sogno”. Si riferisce, ovviamente, alla coscienza intellettuale. Quando sentite dire, come non di rado capita: “Non dar retta ai sogni”, potete star certi che parla l’intelletto: ossia un livello di coscienza al quale i sogni non possono apparire che delle assurdità.
Ciò dipende dal fatto che la logica dei sogni, non essendo “cartesiana”, ma immaginativa e ispirata, può essere afferrata solo da una coscienza di pari livello o qualità (scrive Steiner: “Il sogno costituisce uno stato intermedio fra sonno e veglia. Ciò che l’esperienza del sogno presenta all’osservazione assennata è un mondo di immagini molteplici, variopinte e intersecantisi, che pur tuttavia nasconde in sé un ordine, una legge”) (14).
E che cosa significa che “alla coscienza immaginativa e ispirata si rivela che il mondo dello spirito, nel quale l’uomo vive fra morte e nascita, partecipa all’edificazione del suo essere interiore”? Significa che nella sfera del sentire e dei sogni siamo in rapporto con la nostra vita pre-natale. Per realizzarlo dobbiamo però far ricorso, come abbiamo detto, alla coscienza immaginativa e a quella ispirata.
Che occorrano entrambe, lo dimostra il fatto che quanti sono del tutto privi di sensibilità immaginativa (come per l’appunto i “cervelloni” o gli intellettuali “disidratati”) non prendono per nulla in considerazione i sogni, mentre quanti sono dotati, in misura maggiore o minore, di tale sensibilità (come ad esempio Freud e Jung) li prendono in considerazione, ma non sono poi in grado di comprenderli, dal momento che, per farlo, dovrebbero disporre anche di un minimo d’ispirazione.

90) “Nella coscienza di sonno senza sogni l’uomo, senza esserne cosciente, sperimenta il proprio essere come compenetrato dei risultati di precedenti vite terrene. La coscienza ispirata e intuitiva perviene alla visione di questi risultati, e scorge l’influenza di vite terrene precedenti nel decorso del destino (karma) di quella attuale”.

Passando dalla “coscienza di sogno” (REM) alla coscienza di “sonno senza sogni” (NREM), si passa dal sentire subcosciente, legato alla vita pre-natale, al volere incosciente, legato alle vite terrene precedenti.
Notate che Steiner, riferendosi alla prima, ha parlato di coscienza immaginativa e di coscienza ispirata, mentre adesso, riferendosi alla seconda, parla di coscienza ispirata e di coscienza intuitiva.
Grazie a queste, si scorge dunque “l’influenza di vite terrene precedenti nel decorso del destino (karma) di quella attuale”.
Ciò vuol dire, in altri termini, che, guardando attraverso i nostri sentimenti, potremmo scorgere qualcosa delle nostre esperienze pre-natali, così come, guardando attraverso la nostra volontà (i nostri istinti e le nostre inclinazioni), potremmo scorgere qualcosa delle nostre vite terrene precedenti: di quanto influisce, in particolare, “nel decorso del destino (karma)” della vita attuale.
Come vedete, Steiner parla del karma soprattutto in rapporto alla sfera della volontà; se ne può però parlare, seppure in misura diversa, anche in rapporto alla sfera del sentire (in specie se condizionata, come quasi sempre avviene, dal volere).
Da tutto ciò ch’è soggettivo, personale o karmico (i gusti, i desideri, le simpatie, le antipatie, le opinioni), può perciò cominciare a liberarci solo il pensare puro. Dire, ad esempio, che “la matematica non è un’opinione” significa appunto dire che la matematica non è karmica.
Il che, peraltro, ci permette di cogliere, ancor più chiaramente, la differenza tra la libertà “da” (o libertà “negativa”) dalla libertà “per” (o libertà “positiva”).
La matematica, in quanto astratta, è infatti in grado di liberarci (astrarci o estrarci) “dal” mondo del karma (dalla nostra viva natura), ma non ancora “per” il mondo vivente dello spirito (o della moralità).

Note:

1) cfr. R.Steiner: Conoscenza iniziatica – Antroposofica, Milano 1985;
2) ibid., p. 99;
3) C.Unger: Il linguaggio dell’anima cosciente – Antroposofica, Milano 1970, p. 174;
4) ibid., p. 99;
5) R.Steiner: L’antroposofia e le scienze – Antroposofica, Milano 1995, p. 49;
6) cfr. R.Steiner: Scienza naturale ed antroposofia – Libri del Graal, Roma 1990;
7) cfr. R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969;
8) cfr. E.Neumann: Storia delle origini della coscienza – Astrolabio, Roma 1978;
9) cfr. F.Sologub: Il demone meschino – Garzanti, Milano 2008;
10) R.Steiner: Storia occulta – Antroposofica, Milano 1972, p. 9;
11) cfr. R.Steiner: La missione di Michele – Antroposofica, Milano 1981;
12) cfr. R.Guénon: Gli stati molteplici dell’essere – Studi Tradizionali, Torino 1963;
13) V. Solov’ëv: La Sofia – SAN PAOLO, Cinisello Balsamo (Milano) 1997, p. 23;
14) R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, pp. 73-74.

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Di Lucio Russo
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