Massime antroposofiche
127/128/129/130 – 3°

M

Per afferrare la natura della disposizione animica che si esprime in Descartes, si confronti questo filosofo con Agostino che, per quanto riguarda la formulazione esteriore, per l’esperienza del mondo spirituale si avvale dello stesso sostegno di Descartes. Solo che Agostino prende le mosse dalla piena forza immaginativa dell’anima razionale o affettiva (egli visse dal 354 al 430). A ragione si trova affinità tra Agostino e Descartes. Solo che l’intelletto di Agostino è ancora il residuo dell’elemento cosmico, mentre l’intelletto di Descartes è già quello che prende dimora nella singola anima umana. Appunto nel progredire dello sforzo spirituale da Agostino a Descartes si può vedere come vada perdendosi il carattere cosmico delle forze del pensiero, e come esso poi si ripresenti dentro l’anima umana. Contemporaneamente si vede come Michele e l’anima umana, in mezzo a difficoltà, si ricongiungano in modo che Michele possa dirigere nell’uomo ciò che in passato aveva diretto nel cosmo.
Contro questo ricongiungimento operano le forze luciferiche ed arimaniche. Le forze luciferiche vogliono sviluppare nell’uomo soltanto ciò che gli era proprio nella sua infanzia cosmica; le forze arimaniche, avversarie di quelle e tuttavia loro collaboratrici
[al fine di possedere l’uomo] , vorrebbero far sviluppare unicamente le forze acquistate in periodi posteriori del mondo, facendo inaridire l’infanzia cosmica” (p. 121).

“L’intelletto di Agostino – dice Steiner – è ancora il residuo dell’elemento cosmico, mentre l’intelletto di Descartes è già quello che prende dimora nella singola anima umana”.
Agostino è infatti un uomo dell’anima razionale-affettiva, mentre Cartesio (nato nel 1596) è un uomo dell’anima cosciente. Il pensiero del primo (in cui albeggia, carica di pathos, la coscienza dell’Io quale ego) è perciò ancora in contatto con la vita del mondo spirituale, mentre quello del secondo (in cui troneggia l’ego) è ormai solo in contatto, more geometrico, con la morte del mondo terreno (con la realtà inorganica).
Contro il ricongiungimento dell’anima umana con Michele, dice ancora, operano “le forze luciferiche ed arimaniche. Le forze luciferiche vogliono sviluppare nell’uomo soltanto ciò che gli era proprio nella sua infanzia cosmica; le forze arimaniche, avversarie di quelle e tuttavia loro collaboratrici, vorrebbero far sviluppare unicamente le forze acquistate in periodi posteriori del mondo, facendo inaridire l’infanzia cosmica”.
Riguardo a questo “ricongiungimento”, ricorderete che quando ci occupammo de La filosofia della libertà paragonai l’anima umana e lo spirito ai “promessi sposi”, mettendo in bocca agli ostacolatori le famose parole che Manzoni fa pronunciare a Don Rodrigo: “Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai”.
Potremmo anche riparlare, a questo proposito, del Puer: una cosa, infatti, è il Puer-Senex che nasce, come abbiamo visto, dal ricongiungimento o dal matrimonio della Sophia con lo Spirito Santo, altro il Puer (opposto al Senex) che si attiva per il fatto che “le forze luciferiche vogliono sviluppare nell’uomo soltanto ciò che gli era proprio nella sua infanzia cosmica”.
(Ascoltate quanto dice Steiner: “Attraverso tutte le esperienze fatte nel corso della catarsi, l’uomo purifica il corpo astrale fino a trasformarlo nella “vergine Sofia”. E alla “vergine Sofia” viene incontro l’io cosmico che effettua l’illuminazione, per cui l’uomo ha intorno a sé luce spirituale. Questo secondo elemento, che si aggiunge alla “vergine Sofia”, l’esoterismo cristiano lo chiamava (e lo chiama tuttora) “lo Spirito Santo”. Per cui ci si esprime del tutto correttamente, nel senso esoterico-cristiano, dicendo: l’iniziato cristiano consegue con la sua disciplina iniziatica la purificazione del suo corpo astrale; egli trasforma il corpo astrale in vergine Sofia e viene illuminato dall’alto (o, se preferite, adombrato) dallo “Spirito Santo”, dall’io cosmico” [20].)
Non dobbiamo dunque trattenerci nell’infanzia cosmica (come fanno, ad esempio, certi trasognati e gai esoteristi o quanti patiscono la cosiddetta “sindrome di Peter Pan”), né permettere che questa venga inaridita dall’intellettualismo o dal tecnicismo (come per lo più fanno le odierne scuole primarie e secondarie di primo grado).
Sentite, in proposito, quanto scrive Horkheimer (nel suo Eclisse della ragione, che vi consiglio, se non lo avete già fatto, di leggere): “Quanto più le idee diventano automatiche e strumentali, tanto meno esse sono viste come pensieri con un significato proprio (…) Il significato è soppiantato dalla funzione, dall’effetto sul mondo delle cose e dei fatti”; la meccanizzazione “è certamente essenziale all’espansione dell’industria; ma se investe tutti i processi intellettuali, se la ragione stessa è ridotta alla funzione di uno strumento, essa assume una sorta di materialità e di cecità, diventa un feticcio, un’entità magica che si accetta, più che sperimentarla intellettualmente (…) Gli ideali e concetti fondamentali della metafisica razionalistica [dell’anima razionale-affettiva, diremmo noi] avevano radice nel concetto di umanità; formalizzandosi, essi hanno perso questo contenuto umano” (21).
Nella speranza di evitare che vengano creati strumenti sempre più intelligenti per perseguire dei fini sempre più stupidi (vale a dire, dis-umani), Horkheimer propone di distinguere la “ragione dei mezzi” (strumentale) dalla “ragione dei fini”.
Ignora, però, ch’è Arimane a fare della ragione una funzione, del mezzo un fine e della quantità una qualità, per il perseguimento di fini (tutt’altro che stupidi) che giovano a lui, ma non all’umanità.

In mezzo a questi accresciuti impedimenti, le anime umane d’Europa elaborarono gli impulsi spirituali che dalle antiche concezioni universali erano fluiti da oriente verso occidente attraverso le crociate. Le forze di Michele vivevano intensamente in quelle idee. Dominava quelle concezioni universali l’intelligenza cosmica, l’amministrazione della quale era stato l’antico retaggio spirituale di Michele” (pp. 121-122).

Vi consiglierei di leggere, per quel che riguarda “gli impulsi spirituali che dalle antiche concezioni universali erano fluiti da oriente verso occidente attraverso le crociate”, non solo La nascita dello spirito europeo di Steiner (22), ma anche questo libro di Simonetta Cerrini, intitolato: La rivoluzione dei Templari.
So che su questo argomento c’è tanta letteratura di bassa lega; questo libro è però serio e documentato, e può aiutarci a capire che cosa realmente ci fosse dietro gli avvenimenti legati alle crociate.
Ve ne leggo alcuni passi, riportati anche in una “noterella” dell’Osservatorio scientifico-spirituale (23): “La Chiesa attuale è nata rivendicando il monopolio del sacro ed escludendo i re dal potere spirituale, a seguito del conflitto con l’Impero che si conclude nel 1122, con il concordato di Worms (…) La rivoluzione pacifica dei templari consiste nello svuotare dall’interno la funzione del clero nella società e allargare questa funzione alla società stessa, per giungere a una società religiosa, ma non clericale (…) All’inizio dell’era cristiana, i laici non esistevano. Secondo l’apostolo Pietro, che si riferisce all’Alleanza annunciata da Dio a Mosè (Esodo 19,6), i credenti sono tutti, senza distinzione, “una razza eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa”. Più tardi, durante il Medioevo, questa unità del popolo cristiano è messa in dubbio: i chierici inventano la categoria dei laici. La separazione tra chierici e laici è addirittura un elemento che contraddistingue la società medievale, e che caratterizza la sua organizzazione politica e religiosa. Nel XII secolo, al momento stesso della nascita dell’ordine dei templari, la Chiesa, che aveva appena inaugurato i suoi fondamenti giuridici, diventando una vera e propria istituzione, si assicura, dopo la lotta contro l’Impero, il monopolio del sacro (…) I chierici sono i soli autorizzati a gestire il sacro; i laici non hanno alcuna autonomia in materia, neppure i re né l’imperatore. Devono limitarsi a obbedire e coloro che combattono non sono che il “braccio armato” dei chierici (…) La lotta che oppose il vescovo di Roma e l’Impero e che accompagnò la riforma rese caduca la visione carolingia e ottoniana che attribuiva al re una funzione centrale e annullò il ruolo dell’autorità laica nella gestione del sacro. Il ceto dirigente laico si vide così emarginato e spogliato di ogni autorità spirituale. Il popolo dei cristiani, basso clero, piccola nobiltà, donne, cavalieri, precedentemente affidato alla responsabilità del re, era ormai soggetto al papa. E’ l’inizio della Chiesa istituzionale che conosciamo oggi: la Chiesa centrata su Roma, che ha il papa come unico capo, eletto dai cardinali e non dal popolo. Una Chiesa che ha tuttavia già conosciuto la sua prima divisione, una Chiesa latina separata dal 1054 dalla Chiesa greca, rimasta legata all’imperatore di Bisanzio. Sono anche i balbettii, incoscienti, di uno Stato laico ancora in embrione, la cui laicità è però il risultato di una privazione e di un’esclusione dal sacro. Soltanto nel nostro immaginario – determinato da altre storie – lo Stato laico è nato da una conquista. Per questo aspetto è nato piuttosto da una sconfitta” (24).
Qual è dunque l’esiziale errore degli odierni laici (o laicisti)? Quello di lasciare ai chierici il monopolio della religione e del sacro, rivendicando per sé la libertà del solo frigido e astratto intelletto.
Sapete che cosa diceva Goethe, quale laico che si guardava bene dal commettere un simile errore? Che occorrerebbe piuttosto preoccuparsi di “congiungere la religiosità, anzi la santità, con le cose del mondo, d’introdurre il senso del divino nella vita secolare (…) poiché questa soltanto è la chiave capace di schiudere le prigioni del papato e di ridare al mondo libero il suo Dio” (25).

Come potevano venir accolte quelle idee, mentre una voragine si apriva tra le forze del mondo dello spirito e le anime umane? Esse caddero nell’anima cosciente che si sviluppa quasi sottovoce. Da un lato incontrarono l’ostacolo che risiedeva nello sviluppo ancora debole dell’anima cosciente; ne coprirono la voce, ne paralizzarono l’azione. D’altro canto però non incontrarono più nemmeno una coscienza sorretta dall’immaginazione. L’anima umana non era capace di assimilarle nella luce di una piena comprensione. Le accolse o del tutto superficialmente, o con superstizione.
Si deve guardare a questa disposizione dello spirito, se si vogliono comprendere i movimenti di idee che si connettono ai nomi di Wicliff, di Huss e di altri, da un lato, e al “rosicrucianesimo” dall’altro.
Di questo parleremo in seguito
” (p. 122).

John Wyclif, inglese, nacque nel 1328, morì nel 1384, e i suoi resti, una cinquantina d’anni dopo, vennero esumati, bruciati e dispersi. Jan Hus, boemo, nacque nel 1372 e morì sul rogo nel 1415. Entrambi furono dunque dei precursori di Lutero (1483-1546), di Zwingli (1484-1531), di Calvino (1509-1564) e della Riforma.
Tali sommovimenti e rivolgimenti di ordine religioso segnano l’avvento dell’anima cosciente, e per ciò stesso di uomini che avvertono (più o meno chiaramente) l’esigenza di avere, con il mondo divino-spirituale, un rapporto libero e individuale.
Per perseguire i loro fini, le forze luciferiche s’impegnano quindi, in nome del passato, a contrastarli e condannarli (tanto da arrivare a varare una “Contro-Riforma”), mentre le forze arimaniche s’impegnano, in nome del futuro, ad assecondarli, mirando però a impadronirsene e a corromperli.
Teniamo sempre presente che la natura spirituale di Lucifero e Arimane è diversa da quella umana. Mentre la natura del Cristo (del “Rappresentante dell’umanità”) è divino-umana e umano-divina, quella di Lucifero è, per così dire, “divina”, ma non-umana, e quella di Arimane è “umana”, ma non-divina (come testimoniano, ad esempio, gli attuali e sedicenti “atei-cristiani”).
Occupiamoci adesso, in breve, delle massime.

127) “Al principio dell’epoca dell’anima cosciente l’anima umana sviluppa in misura ancor scarsa le sue forze intellettuali. Ne nasce una mancanza di connessione fra ciò a cui l’anima aspira nel suo subcosciente, e ciò che possono darle le forze dalla sfera in cui è Michele”.

Al principio dell’epoca dell’anima cosciente, le neonate forze dell’intelletto risentono più della vecchia attitudine filosofica dell’anima razionale-affettiva, attenta più al pensare che al percepire, più ai concetti che ai percetti, e quindi più al soggetto che all’oggetto, che non della nuova attitudine scientifica dell’anima cosciente, attenta più al percepire che al pensare, più ai percetti che ai concetti, e quindi più all’oggetto che al soggetto. Non dimentichiamo, ad esempio, che la nascita di Galilei (1564) avviene centocinquantuno anni dopo quella dell’anima cosciente (1413).

Domanda: In che senso l’anima cosciente è più attenta all’oggetto che al soggetto?
Risposta: Nel senso de La filosofia della libertà, ma anche, e in modo ancora più esplicito, di Metamorfosi della vita dell’anima (26). Qui Steiner spiega che quella di educare l’anima razionale-affettiva è “la missione della verità”, mentre quella di educare l’anima cosciente è “la missione della devozione” nei confronti appunto dell’oggetto o del fenomeno.
Passare dalla prima fase di sviluppo scientifico-naturale dell’anima cosciente (legata all’Arcangelo Gabriele) a quella scientifico-spirituale (legata all’Arcangelo Michele) significa pertanto estendere l’attenzione dall’oggetto al soggetto o dal percepire al pensare, tanto da realizzare che il percetto e il concetto non sono che due aspetti di una stessa realtà (dell’essenza-entelechia dell’oggetto o del fenomeno). Una cosa, quindi, è essere attenti (in modo metafisico) più al concetto che al percetto, altra essere attenti (in modo scientifico-naturale) più al percetto che al concetto, altro ancora essere attenti (in modo scientifico-spirituale) sia al percetto che al concetto. Se ci si limita dunque a gestire il percepire (da scienziati) con l’anima cosciente, e il pensare (da filosofi, per di più improvvisati, come certi odierni “kantiani”) con l’anima razionale-affettiva, si diventa, di fatto, quello che sono ormai diventati molti attuali uomini di scienza: cioè a dire, dei “metafisici della fisica o della materia”. Non posso soffermarmi su questo, ma ti assicuro che, riflettendoci a fondo, ti diverrà ancora più chiara la missione de La filosofia della libertà.

In questa fase, dice Steiner, c’è “una mancanza di connessione fra ciò a cui l’anima aspira nel suo subcosciente, e ciò che possono darle le forze dalla sfera in cui è Michele”.
Se volete un esempio relativamente recente (rispetto all’epoca di cui stiamo parlando) della “mancanza di connessione” non solo tra le forze che Michele potrebbe dare all’anima umana, ma anche tra il rappresentare della ordinaria coscienza umana, e ciò cui l’anima “aspira nel suo subcosciente”, leggete o rileggete il primo capitolo de I punti essenziali della questione sociale (27).
Quale domanda vi pone infatti Steiner? Questa: che cosa vuole veramente il proletariato? Si tratta, dato il tema, di un incipit insolito, se non straordinario, che mira a renderci consapevoli del fatto che quanto si vuole sul piano cosciente può non solo non corrispondere a quanto si vuole sul piano subcosciente o incosciente, ma perfino contraddirlo: che si può credere, cioè, di volere una cosa, solo perché non si è coscienti di quella che davvero si vuole, dal momento che si rimane in superficie, e non si scende nel profondo.
Ma come si scende nel profondo? E’ presto detto: salendo nelle altezze (sviluppando, cioè, i gradi di coscienza superiori).
Il pensiero rappresentativo (vincolato al sensibile) rimane infatti in superficie, e per ciò stesso alla mercé, sia dell’ignoto sub-cosciente (quello del sogno, del sonno e della morte), sia dell’ignoto super-cosciente (quello delle immaginazioni, ispirazioni e intuizioni).
Fatto si è che, tanto sul piano del divenire individuale (della biografia), quanto su quello del divenire collettivo (della storia), si danno dei momenti (critici) nei quali nuovi impulsi del volere prendono a manifestarsi e a premere nella sfera del sentire, generando disagio, irrequietezza o sofferenza.
Per superare in modo positivo questi momenti, bisognerebbe capire a che cosa davvero mirano tali impulsi, portando incontro alle forze del volere le rispettive forme del pensare.
Tali forze, infatti, altro non cercano che le loro forme (quelle forme dalle quali la scissione del pensare dal volere le ha separate); le forze (di volontà) risalenti dall’inconscio verso il conscio, dovrebbero essere pertanto integrate e soddisfatte dalle forme (di pensiero) discendenti dal conscio verso l’inconscio.
Le forme (di pensiero) capaci di scendere salutarmente e creativamente dal conscio verso l’inconscio non sono però quelle rappresentative della coscienza ordinaria, ma quelle immaginative, ispirate e intuitive.
Il che vuol dire, insomma, che, per scendere, bisogna salire (riguardo a questo, vi consiglio di leggere e meditare le prime pagine della conferenza tenuta da Steiner a Dornach il 22 settembre 1918) (28).

128) “In questa mancanza di connessione si ha un’accresciuta possibilità per le potenze luciferiche di trattenere l’uomo presso le forze dell’infanzia cosmica, e di farlo evolvere ulteriormente non lungo le vie delle potenze divino-spirituali, con cui egli era congiunto dal principio, ma lungo quelle luciferiche”.

129) “Vi è poi l’altra accresciuta possibilità per le potenze arimaniche di staccare l’uomo dalle forze dell’infanzia cosmica, e di attrarlo per l’ulteriore evoluzione nel loro proprio dominio”.

130) “Entrambe queste cose non sono accadute perché le forze di Michele hanno non di meno agito; ma l’evoluzione dell’umanità si è dovuta svolgere fra gli ostacoli sorti a causa di queste possibilità, ed è perciò quale finora è divenuta”.

Ed è perciò non solo “quale finora è divenuta” (nel 1924), ma anche quale è stata, in misura perfino maggiore, nel prosieguo del Novecento, e quale purtroppo è ancora.

Note:

1) R.Steiner: Verità dell’evoluzione umana – Antroposofica, Milano 2002, pp. 147-148;
2) K.O.Morgan (a cura di): Storia dell’Inghilterra. Da Cesare ai giorni nostri – Bompiani, Milano 2009, p. 5;
3) R.Steiner: Lo studio dei sintomi storici – Antroposofica, Milano 1961, p. 24;
4) G.W.F.Hegel: Lezioni sulla storia della filosofia – La Nuova Italia, Firenze 1981, vol. 3, II, p. 231;
5) R.Steiner: Lo studio dei sintomi storici, pp. 157, 160, 162, 165 e 167;
6) J.Hillman: Senex et Puer – Marsilio, Padova 1973, p. 13;
7) cfr. E.Bock: Infanzia e giovinezza di Gesù – Arcobaleno, Oriago di Mira (Ve) 1994;
8) cfr. P.Tradowsky: Kaspar Hauser – L’Opera, Roma 1997;
9) La vita di Giovanna d’Arco raccontata da lei stessa – Longanesi, Milano 1950, p. 128;
10) R.Steiner: La soglia del mondo spirituale in Sulla via dell’iniziazione – Antroposofica, Milano 1977, pp. 129-130;
11) C.Albanese: Un uomo di nome Benedetto – Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2001, p. 59;
12) R.Steiner: Forze spirituali attive fra vecchia e nuova generazione – Antroposofica, Milano 1964, p. 13;
13) G.W.F.Hegel: Lezioni sulla storia della filosofia, p.73;
14) cfr. L’esse e il cogito, 20 marzo 2005;
15) G.G.Belli: I sonetti – Mondadori, Milano 1952, vol. I, p. 524;
16) cfr. Freud, Jung, Steiner, 15 novembre 2003;
17) R.Steiner: Polarità fra durata ed evoluzione nella vita umana (La preistoria cosmica dell’umanità) – Antroposofica, Milano 2012, vol. II, p. 34;
18) R.Steiner: Conoscenza iniziatica – I.T.E., Milano 1938, vol. I, p. 128;
19) R.Steiner: Antichi e moderni metodi d’iniziazione – Antroposofica, Milano 2006, p. 18;
20) R.Steiner: Il Vangelo di Giovanni – Antroposofica, Milano 1995, pp. 183-184;
21) M.Horkheimer: Eclisse della ragione – Einaudi, Torino 1969, pp. 26, 27, 29;
22) cfr. R.Steiner: La nascita dello spirito europeo – Tilopa, Roma 1998;
23) cfr. Noterella 24 luglio 2008;
24) S.Cerrini: La rivoluzione dei Templari – Mondadori, Milano 2008, pp. 6-7, 17-18, 40-41;
25) cfr. Laici e laicisti, 30 agosto 2005;
26) cfr. R.Steiner: Metamorfosi della vita dell’anima – Tilopa, Roma 1984;
27) cfr. R.Steiner: I punti essenziali della questione sociale – Antroposofica, Milano 1999;
28) R.Steiner: Polarità fra durata ed evoluzione nella vita umana (La preistoria cosmica dell’umanità) , vol. II, IX conferenza.

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Di Lucio Russo
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