Del “nulla”

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Dice Steiner: “Stiamo osservando per esempio due uomini, uno grande e uno piccolo, e pensiamo a qualcosa che li riguardi, ci formiamo un concetto, che non sarebbe mai stato concepito se non ce li fossimo trovati di fronte. E’ del tutto indifferente che cosa pensiamo riguardo a questi due uomini, ma il concetto non avrebbe preso forma se non li avessimo incontrati (…) altro non possiamo pensare se non che tale concetto può uscire dal nulla per via di un’interrelazione fra le cose, di una combinazione di circostanze. Dalla relazione, dalla combinazione, una forza permanente forma così qualcosa che continua poi ad agire. Questo vuol dire che dal Nulla viene fuori un qualcosa. Il Nulla, pertanto, è con assoluta certezza un fattore reale nella vicenda del mondo, e non potremo mai comprendere la vicenda del mondo se non avremo inteso il Nulla in questo senso reale” (1).
Cercheremo quindi d’intendere il nulla in “senso reale”, prendendo le mosse da queste parole pronunciate da Papa Francesco durante un discorso rivolto alla Pontificia Accademia delle Scienze: Dio “ha dato l’autonomia agli esseri dell’universo al tempo stesso in cui ha assicurato loro la sua presenza continua, dando l’essere ad ogni realtà” (2).
Ora, domandiamoci: l’essere che Dio dà “ad ogni realtà” è o non è il Suo stesso essere? E’ evidente, infatti, che solo il Suo stesso essere, ovvero l’essere o il fondamento (uno e trino) della molteplicità e varietà degli esseri (degli enti), potrebbe assicurare a questi “la sua presenza continua”.
Questa tesi, definita “emanatista” o “emanazionista”, è stata però condannata dal Concilo Vaticano I (1869). La Chiesa Cattolica insegna infatti che Dio crea gli esseri dal “nulla”. Ma anche qui domandiamoci: li crea dal nulla o dal nulla degli esseri? Se è plausibile che l’essere generi gli esseri “da sé” (ex Deo nascimur), colmando così il vuoto degli esseri non ancora creati, ossia un nulla reale e relativo (agli esseri o agli enti), non è plausibile, invece, che li crei “dal nulla” (ex nihilo nascimur), poiché in questo caso si tratterebbe di un nulla reale e assoluto (nihil absolutum), e quindi di un altro essere (l’essere del nulla).
(Il divenire che, per il nichilismo, è il passaggio dal nulla all’essere e dall’essere al nulla, è in realtà il passaggio dall’essere agli esseri e dagli esseri all’essere. “Non v’è evoluzione – afferma Scaligero – che non si compia come ricongiungimento della forma creata con il suo principio” [3]. Dal punto di vista scientifico-spirituale, l’essere è l’“Io sono” e il nulla degli esseri non ancora creati è il nulla delle entità animico-spirituali non ancora create. Scrive Steiner: “Con l’apparire del calore di Saturno, la nostra evoluzione esce così per la prima volta dalla vita interiore, dalla spiritualità pura, per entrare in un’esistenza che si manifesta esteriormente” [4]. La realtà della “spiritualità pura”, precedente quella della esistenza fisica “che si manifesta esteriormente”, è costituita dall’Io, dal mondo astrale e dal mondo eterico. Quando poi la pre-esistente realtà eterica compenetra quella fisica dell’antico-Saturno, si ha l’antico-Sole; quando la pre-esistente realtà astrale compenetra quella eterico-fisica dell’antico-Sole, si ha l’antica-Luna; quando la pre-esistente realtà dell’Io compenetra [grazie agli Elohim] quella astrale-eterico-fisica dell’antica-Luna, si ha la Terra; quando l’Io viene poi inabitato dall’“Io sono” o dal Logos [“non Io, ma il Cristo in me”], viene posto, nella Terra, il germe della futura evoluzione di Giove.)
Chi conosce la logica di Hegel sa che questa si sviluppa a partire proprio dai concetti dell’essere e del nulla.
(“Essere, puro essere, – senza nessun’altra determinazione. Nella sua indeterminata immediatezza esso è simile soltanto a se stesso, ed anche non dissimile di fronte ad altro; non ha alcuna diversità né dentro di sé, né all’esterno. Con qualche determinazione o contenuto, che fosse diverso in lui, o per cui esso fosse posto come diverso da un altro, l’essere non sarebbe fissato nella sua purezza. Esso è la pura indeterminatezza e il puro vuoto […] L’essere, l’immediato indeterminato, nel fatto è nulla, né più né meno che nulla”.
Nulla, il puro nulla. E’ semplice simiglianza con sé, completa vuotezza, assenza di determinazione e di contenuto; indistinzione in se stesso. – Per quanto si può qui parlare di un intuire o di un pensare, si considera come differente, che s’intuisca o si pensi qualcosa oppur nulla. Intuire o pensar nulla, ha dunque un significato […] Il nulla è così la stessa determinazione o meglio assenza di determinazione, epperò in generale lo stesso, che il puro essere” [5].)
Ma l’essere e il nulla possono davvero rivendicare pari dignità ontologica?
Non essendone convinti, così ci siamo a suo tempo espressi (6): “Il nulla – scrive Hegel – si suol contrapporre al qualcosa. Ma qualcosa è già un ente determinato, che si distingue da un altro qualcosa, e così anche il nulla contrapposto al qualcosa è il nulla di un certo qualcosa, un nulla determinato. Qui però il nulla è da intendere nella sua indeterminata semplicità” (7).
Hegel vorrebbe dunque che il nulla, “nella sua indeterminata semplicità”, venisse equiparato e insieme contrapposto all’essere (per generare così il “divenire”), e non al qualcosa, poiché questo lo renderebbe altrettanto determinato quanto il qualcosa cui venisse contrapposto. Va tuttavia rilevato che nei rari luoghi in cui ha esemplificato il supposto rapporto dialettico tra l’essere e il nulla, si è visto significativamente costretto a ricorrere a delle rappresentazioni che si riferiscono all’essere determinato, e non all’essere. “Nulla è ancora – scrive ad esempio – e qualcosa deve divenire. Il cominciamento non è il puro nulla, ma un nulla da cui deve uscire qualcosa. Dunque anche nel cominciamento è già contenuto l’essere. Il cominciamento contiene dunque l’uno e l’altro, l’essere e il nulla, è l’unità dell’essere col nulla; – ossia è un non essere, che è in pari tempo essere, e un essere, che è in pari tempo non essere” (8).
Il riferimento al qualcosa (al “cominciamento” di qualcosa che deve “divenire” o “uscire”) è qui esplicito (anche Steiner afferma, come abbiamo visto, che “dal Nulla viene fuori un qualcosa”: il qualcosa non è però l’essere, bensì un essere determinato (un’entità, un’essenza o, nel caso dell’affermazione di Steiner, un concetto).
Fatto si è che il nulla è irrimediabilmente vincolato alla contrapposizione. Anche quando non venisse contrapposto, come vorrebbe Hegel, a un determinato qualcosa o a un determinato essere, si contrapporrebbe alla determinazione o al qualcosa in generale. Quale espressione dello “spirito che nega” (Goethe), il nulla è condannato, come un parassita, a essere “ospitato” da altre categorie e a vivere a loro spese: è cioè condannato a non poter vivere di sé e a non poter poggiare su di sé.
(Mefistofele presenta a Faust il “regno delle Madri” come un regno vuoto: “né più né meno che nulla”, vorrebbe dare a intendere al suo interlocutore, sarebbe quel mondo in cui tali entità “non vedono se non le idee” e “seggono” o “stan ritte e vanno. In perpetuo formarsi e trasformarsi / Eterno giuoco del Pensiero eterno”. Ma Faust, conoscendo il diavolo – come ammette lo stesso Mefistofele -, gli risponde: “Spero nel Nulla tuo, trovare il Tutto” [9].)
Dio – ha detto ancora il Pontefice – “dà all’essere umano un’altra autonomia, un’autonomia diversa da quella della natura, che è la libertà”.
E’ vero: si dovrebbe anche dire, però, che gli esseri della natura in tanto non sono liberi in quanto sono nell’essere che li ha creati (nella necessità – come dice il Papa – “delle leggi interne che Lui ha dato ad ognuno”), mentre gli esseri umani in tanto sono liberi in quanto non sono più nell’essere che li ha creati (in conseguenza del “peccato originale”, della cosiddetta “felix culpa”); si dovrebbe inoltre dire che com’è vero che gli esseri umani non sono più nell’essere del Padre, così è vero che è ora, in loro, l’essere del Figlio, che può ri-crearli (“Ma a quanti lo accolsero, a quelli che credono nel suo nome, diede il potere di diventare figli di Dio; i quali, non dal sangue, né da voler di carne, né da voler dell’uomo, ma da Dio sono nati” – Gv 1,12-13).
Quella dall’essere (del Padre) è la libertà “da” o “libertà negativa”, mentre quella nell’essere (del Figlio) è la libertà “per” o “libertà positiva” (“in Cristo, con Cristo, per Cristo”).

Note:

01) R.Steiner: La posizione dell’antroposofia nei confronti della filosofia – Antroposofica, Milano 2012, p. 96;
02) Avvenire, 28 ottobre 2014;
03) M.Scaligero: Dell’amore immortale – Tilopa, Roma 1982, p. 11;
04) R.Steiner: La scienza occulta nelle sue linee generali – Antroposofica, Milano 1969, p. 137;
05) G.W.F.Hegel: Scienza della logica – Laterza, Roma-Bari 1974, vol. I, p. 70;
06) nel 1996, in una dispensa (fuori commercio) intitolata: L’essere e la coscienza dell’essere;
07) G.W.F.Hegel: op. cit., p. 71;
08) ibid., p. 59;
09) J.W.Goethe: Faust – Sansoni, Firenze 1966, pp. 276-282 (traduzione di V. Errante).

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Di Lucio Russo
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