Intelligere e intelligibili

I

Scrive Steiner: “Un tempo gli uomini ricevevano i pensieri da Michele; Michele amministrava l’intelligenza cosmica. Dal secolo nono in poi gli uomini non sentivano più che Michele ispirava i loro pensieri. Questi erano sfuggiti alla sua signoria; cadevano dal mondo spirituale nelle singole anime umane” (1).
Dal momento che i concetti e le idee sorgono attraverso il pensare (2), è evidente che Michele amministrava un tempo l’intelligere (il pensare) e, attraverso l’intelligere, gli intelligibili (i pensieri, cioè i concetti o le idee).
Perché “dal secolo nono in poi gli uomini non sentivano più che Michele ispirava i loro pensieri”? Perché l’intelligere stava gradualmente passando dal dominio di Michele a quello degli uomini (in campo religioso, ad esempio, si parte dalla gnosi e si arriva, attraverso la patristica, alla scolastica); detto altrimenti: perché il corpo eterico umano stava pian piano calandosi nel corpo fisico, per arrivare infine a coincidere, con l’avvento dell’anima cosciente (1413) e in specie nella testa, con quest’ultimo.
Passando dal dominio (eterico) di Michele a quello (fisico) degli uomini, tanto gli intelligibili quanto l’intelligere si modificano: gli intelligibili, in quanto riflessi dal cervello, si trasformano da esseri (realistici) in non-esseri (nominalistici); l’intelligere viene costretto invece a rinunciare al suo libero e vivo movimento (immaginativo) per calarsi e incanalarsi nei rigidi tracciati nervosi e seguire il loro andamento discreto (dovuto agli intervalli sinaptici).
(In una delle nostre “noterelle”, abbiamo al riguardo affermato “ch’è la realizzazione di una cosciente esperienza del movimento continuo e attivo del pensare, quale libero atto dell’Io (altro da quello discreto, imposto al pensare dalla discontinuità dei tracciati nervosi) a contraddistinguere il moderno impulso dell’Arcangelo Michele” [3]. Quel che contraddistingue il medesimo impulso nella sfera del sentire, viene così caratterizzato da Steiner: “La preparazione di Michele alla sua missione per la fine del secolo diciannovesimo trascorre in cosmica tragicità. Giù sulla terra domina spesso un profondo appagamento per gli effetti della concezione naturale [materialistica]; nella regione dove opera Michele domina un senso tragico per gli ostacoli che si oppongono all’avvento di una vera immagine dell’uomo” [4].)
Viene così alla luce una logica meccanica (quale modalità inferiore dell’intelligere) che consente alla scienza naturale (galileiana) di scoprire le leggi che governano il mondo inorganico. Questa logica non è arimanica, non è ancora il “drago” contro cui lottare sull’esempio di Michele, bensì frutto dell’intelletto, ch’è uno dei sette doni dello Spirito Santo (insieme alla sapienza, alla fortezza, alla scienza, alla pietà, al consiglio e al timor Dei); Arimane la trova però “così affine a sé da potersi, per suo mezzo, collegare con l’umanità” (5).
Quando questo collegamento si realizza, generando il materialismo, ovvero una metafisica, non una scienza, di quella materia nella quale Galilei intendeva “scoprire le “impronte del Creatore”” (6), finisce con l’imporsi una logica fatta dalla testa per la testa (cefalocentrico-arimanica), e non dall’uomo per l’uomo (antropocentrico-cristica).
(Per la metafisica materialista, parto appunto dell’“intellettualismo” e dello “scientismo” che, essendogli arimanicamente “affini”, lo “simulano”, perfino la morte sarebbe un fatto cerebrale.)
L’intellettualità di cui è espressione la prima, dice Steiner, “emana da Arimane come un cosmico impulso gelido, senz’anima. E gli uomini che vengono presi da quell’impulso sviluppano una logica che sembra parlare di per sé stessa, senza pietà e senza amore (in realtà è Arimane che parla per suo mezzo)”; quella di cui è espressione la seconda, emana invece da Michele e mostra come essa “contenga la possibilità di essere un’espressione del cuore e dell’anima, altrettanto bene quanto lo è della testa e dello spirito” (7).
(“Quando l’uomo, come essere libero, si sente vicino a Michele, egli è sulla via di portare la forza dell’intellettualità “nell’intero suo essere”; egli pensa sì con la testa, ma il cuore sente il chiarore o l’oscurità del pensiero [dei pensieri]; la volontà illumina l’essere dell’uomo, mentre i pensieri, come intenzioni, fluiscono in lui” [8].)
Si tratta dunque di scegliere non, come per lo più si crede, tra Apollo e Dioniso, ossia, tra logicità e illogicità, razionalità e irrazionalità, bensì tra una logica umana e una inumana o disumana (9).
Dall’ultimo terzo del secolo diciannovesimo (1879) in poi, questa scelta è possibile perché Michele vuole vivere entro le anime umane in cui i pensieri vengono formati [pensati], liberandoli così “dal dominio della testa”.
“Prima, gli uomini congiunti a Michele lo vedevano svolgere la sua attività nei domini dello spirito; ora essi riconoscono di dover lasciare che Michele dimori nel loro cuore; ora gli consacrano la loro vita spirituale sostenuta dal pensiero [dal pensare continuo o vivente]; e in libera, individuale vita di pensiero si fanno insegnare da Michele quali siano le giuste vie dell’anima [i giusti pensieri]” (10).

Note:

(01) R.Steiner: Massime antroposofiche – Antroposofica, Milano 1969, p. 56. Si tenga presente che con la nascita del Cristianesimo “si desta l’autocoscienza”, una coscienza dell’Io che “viene prima sperimentata, non ancora concettualmente intesa” (R. Steiner: Gli enigmi della filosofia -Tilopa, Roma 1987, p. 19);
(02) R.Steiner: La filosofia della libertà – Antroposofica, Milano 1966, p. 48;
(03) cfr. Noterella 24 giugno 2018;
(04) R.Steiner: Massime antroposofiche, p. 135;
(05) R.Steiner: ibid., p. 102;
(06) A.Zichichi: Galilei divin uomo – il Saggiatore, Milano 2001, p. 33;
(07) R.Steiner: Massime antroposofiche, p. 102;
(08) ibid. p. 104;
(09) cfr. M.Scaligero: La logica contro l’uomo – Tilopa, Roma 1967;
(10) R.Steiner: Massime antroposofiche, p. 57.

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Di Lucio Russo
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