Massime antroposofiche
124/125/126 – 1°

M

Cominceremo adesso una lettera, intitolata: Davanti alle porte dell’anima cosciente, ch’è divisa in tre parti: la prima è costituita dalla lettera del 30 novembre 1924 (massime 124/125/126); la seconda comprende, sia la lettera del 7 dicembre 1924 (massime 127/128/129/130), sia quella del 14 dicembre 1924 (massime131/132/133); la terza è costituita dalla lettera del 21 dicembre 1924 (massime 134/135/136).
Affrontiamo dunque la prima parte, dal titolo: Come Michele prepara la sua missione terrena nelle sfere sopraterrene attraverso la vittoria su Lucifero (30 novembre 1924).
Vi avverto che dovrete avere più pazienza del solito, perché Steiner riassume qui due saghe che dovrò necessariamente leggervi.
Ma veniamo al dunque: a che cosa stiamo per assistere? Stiamo per assistere alla nascita dell’anima cosciente (1413).
Sappiamo che dire “anima cosciente” significa dire “scienza”, giacché questa rappresenta la più pura espressione della sua prima fase di sviluppo (scientifico-naturale); così come sappiamo che l’evoluzione dell’anima cosciente, cioè a dire dell’anima moderna, è stata preceduta da quella dell’anima razionale-affettiva, cioè a dire dell’anima medievale.
Vedete questo libro? E’ il Sommario di Storia della Filosofia di Guido De Ruggiero (1). Ebbene, scorrendone l’indice, che cosa vediamo? Vediamo che tratta, come di consueto, della “filosofia antica”, della “filosofia medievale” e della “filosofia moderna”, e che il primo capitolo di quella moderna è intitolato: Umanesimo, Riforma, Rinascimento.
E’ così, infatti, che si presenta l’anima cosciente, prima di approdare, con Galilei (1564-1642), alla scienza naturale: con l’Umanesimo si presenta sulla scena letteraria; con la Riforma sulla scena religiosa; con il Rinascimento sulla scena artistica.
Il Rinascimento è tuttavia caratterizzato da un rigetto dell’aristotelismo e da una reviviscenza del platonismo e della paganità (potete consultare, al riguardo, Misteri pagani nel Rinascimento di Edgar Wind) (2).
Come si sa (e come illustra ad esempio Burckhardt, nel suo celebre La civiltà del Rinascimento in Italia) (3), sia l’Umanesimo che il Rinascimento sono contrassegnati da un ritorno all’antichità classica (in particolare greca) e, in specie il secondo, da una straordinaria fioritura dell’arte. Prosatori, novellieri e rimatori riprendono gli antichi miti, le antiche saghe o le antiche immaginazioni, così come i pittori fanno delle Metamorfosi di Ovidio la loro Bibbia: non però per schietto sentire, ma per emulazione o imitazione.
Osserva appunto Francesco De Sanctis: “Sono antiche rappresentazioni, messe a nuovo, intonacate, a uso di un pubblico più colto (…) Un piacevole esercizio dell’immaginazione, una ricreazione dello spirito (…) Il mistero è un aborto, è una materia sacra che non dice più nulla alla mente ed al cuore, senza alcuna serietà di motivi, e trasformata da uomini colti in un puro giuoco d’immaginazione; dove angioli e demòni, paradiso e inferno hanno così poca serietà come Apollo e Diana e Plutone” (4).
Notevole, per quanto ci riguarda, è quest’altra sua affermazione: “Già cominciava a spuntare una scienza dell’uomo e della natura. L’invenzione della stampa, la scoperta di Copernico, i viaggi di Colombo e di Amerigo Vespucci, gli scritti del Pomponazzi, i Discorsi del Machiavelli, la Riforma, la costruzione solida di grandi Stati, come la Spagna, la Francia, l’Inghilterra, erano fatti colossali che rinnovavano la faccia del mondo. Ma le conseguenze non erano ben chiare; e il mondo moderno, il mondo dell’uomo e della natura, o per dirlo in una parola, la scienza, era ancora come un Sole inviluppato di vapori che non danno via a’ suoi raggi. E i vapori erano il mondo popolare dell’immaginazione, che suppliva alla scienza, riempiendo la terra di miracoli. Ogni specie di soprannaturale era accumulata e ammessa, il miracolo de’ cristiani, il prodigio de’ pagani, gl’incanti de’ maghi e delle fate, le imposture degli astrologi” (5).
Ebbene, che cosa rappresenta tutto ciò? E’ presto detto: un rigurgito o un “colpo di coda” di Lucifero all’alba dell’anima cosciente e della modernità.
Cominciamo dunque a leggere.

L’intervento di Michele nell’evoluzione del mondo e dell’umanità alla fine del secolo diciannovesimo [1879] appare in una luce speciale se si considera la storia dello spirito nei secoli precedenti.
Al principio del secolo quindicesimo vi è il momento in cui si inizia l’epoca dell’anima cosciente.
Già prima di quel momento si riscontra un completo mutamento nella vita spirituale dell’umanità. Si può rintracciare come, prima di allora, penetrino ancora dappertutto nella veggenza umana delle immaginazioni. Certo anche prima singole persone si trovavano di fronte a soli “concetti” nella loro vita animica; solo che, nella generale disposizione animica della maggioranza degli uomini, viveva un insieme di immaginazioni e di rappresentazioni che provenivano dal mondo puramente fisico. Così è per le rappresentazioni dei processi naturali, così anche per quelle del divenire storico.
Ciò che l’osservazione spirituale può trovare in questa direzione viene assolutamente confermato dalle testimonianze esterne. Ne indicheremo qualcuna.
Poco prima del sorgere dell’epoca dell’anima cosciente si prende a scrivere nei modi più diversi ciò che nei secoli precedenti si era meditato e detto intorno agli eventi storici. Da quest’epoca ci sono state così conservate saghe e leggende che dànno una fedele immagine di come prima ci si rappresentava la “storia”
” (pp. 107-108).

Notiamo, prima di leggere il riassunto della saga del “buon Gerardo”, di Rudolf von Ems (ca. 1200-1254), queste espressioni: “Si può rintracciare come, prima di allora (prima cioè dell’inizio dell’epoca dell’anima cosciente), penetrino ancora dappertutto nella veggenza umana delle immaginazioni (…) Nella generale disposizione animica della maggioranza degli uomini, viveva un insieme di immaginazioni e di rappresentazioni che provenivano dal mondo puramente fisico”.
Vedete: “dal mondo puramente fisico”, e non da quello spirituale. Il che vuol dire che Lucifero spingeva gli uomini a farsi delle “immaginazioni” illusorie di quel mondo fisico del quale avrebbero dovuto cominciare invece a farsi, come impone l’anima cosciente, delle “rappresentazioni” realistiche. Ciò dimostra come Lucifero si sforzi sempre di trasportare il passato nel presente, alterando così, in noi, la coscienza dell’uno e dell’altro (nonché quella, s’intende, del futuro).
Ed ecco il racconto:

Il “buon Gerardo” è un ricco mercante di Colonia. Egli intraprende un viaggio d’affari in Russia, Livonia, e Prussia, per comperare pelli di martora. Poi va a Damasco e Ninive per comperare stoffe di seta ed altro.
Nel viaggio di ritorno viene colto da una tempesta. Sui lidi stranieri ai quali arriva egli conosce un uomo che tiene prigionieri dei cavalieri inglesi e anche la fidanzata del re d’Inghilterra. Gerardo offre tutte le mercanzie acquistate durante il viaggio e riscatta i prigionieri. Li prende con sé a bordo e si avvia verso la patria. Quando le navi giungono dove le vie verso la patria di Gerardo e verso l’Inghilterra divergono, Gerardo lascia che gli uomini prigionieri ritornino nella loro patria; trattiene invece presso di sé la fidanzata del re nella speranza che questi, il re Guglielmo, venga a riprenderla non appena sappia della sua liberazione e del suo soggiorno attuale. Gerardo ospita nel modo più squisito la sposa reale e le amiche che la accompagnano. La sposa reale vive come una figlia molto amata nella casa del suo liberatore. Ma passa molto tempo senza che il re si presenti a prenderla. Finalmente Gerardo, per assicurare l’avvenire alla sua figliola d’adozione, stabilisce di sposarla a suo figlio, perché si può ormai presumere che Guglielmo sia morto. Già è pronta la festa di nozze per il figlio di Gerardo, quando ad un tratto appare Guglielmo nelle vesti di un pellegrino sconosciuto. Egli aveva errato a lungo per cercare la sua sposa. Ora la ricupera poiché altruisticamente il figlio di Gerardo rinuncia a lei e gliela rende. Gli sposi restano ancora qualche tempo presso Gerardo, poi questi allestisce una nave per portarli in Inghilterra. Non appena i prigionieri liberati da Gerardo, ora reintegrati nella loro dignità, lo possono risalutare in Inghilterra, vogliono eleggere Re lui stesso. Ma egli può rispondere che ha ricondotto i loro sovrani legittimi. Anche i cavalieri avevano ritenuto Guglielmo per morto, e volevano scegliere un altro Re per restaurare l’ordine nel paese, caduto in condizioni caotiche durante le peregrinazioni di Guglielmo. Il mercante di Colonia rifiuta tutte le ricchezze e gli onori che gli vengono offerti, e ritorna a Colonia per continuare a fare il mercante nelle semplici condizioni di prima. La storia viene conclusa così: l’imperatore sassone Ottone 1º fa un viaggio a Colonia per conoscere il “buon Gerardo” perché il possente Imperatore è soggiaciuto alla tentazione di aspettarsi una “ricompensa terrena” per talune azioni da lui compiute. Conoscendo Gerardo egli è condotto dal suo esempio a sentire come un uomo semplice faccia un bene indicibile (donando tutte le sue mercanzie per liberare i prigionieri, restituendo a Guglielmo la sposa del figlio, sacrificandosi per ricondurre la coppia reale in Inghilterra, e così via), senza desiderare nessuna ricompensa terrena, ma lasciando ogni ricompensa nelle mani di Dio. Il protagonista è chiamato dal popolo “il buon Gerardo”, e l’Imperatore sente di aver ricevuto una possente spinta morale-religiosa per il fatto di essere venuto a conoscenza dell’atteggiamento di Gerardo
” (pp. 108-109).

Qui finisce il racconto, e cominciano le osservazioni di Steiner.

Il racconto, di cui ho dato qui la trama per non accennare a cosa poco conosciuta solo con dei nomi, mostra molto chiaramente uno dei lati della disposizione animica dell’epoca precedente il sorgere dell’anima cosciente nella evoluzione umana (…) Osserviamo come nell’epoca dell’anima cosciente il mondo sia diventato, in certo modo, più “chiaro” dinanzi allo sguardo dell’anima umana, riguardo a ciò che si può afferrare dell’esistenza e del divenire fisici. Con le sue navi Gerardo viaggia per così dire come in mezzo alla nebbia. Conosce sempre solo il pezzetto del mondo col quale vuol venire in contatto. A Colonia non si sa nulla di ciò che avviene in Inghilterra, e si deve andare in cerca per anni di qualcuno che è in Colonia. Soltanto quando il destino porta nel luogo adatto, si ha notizia della vita e dei possedimenti di un uomo come quello che vive là dove Gerardo approda nel suo viaggio di ritorno. Il colpo d’occhio sulle condizioni del mondo che abbiamo oggi sta a quello di allora, come il dominare un vasto paesaggio illuminato dal sole, di fronte al brancolare nella nebbia fitta” (pp. 109-110).

Vedete, nell’epoca dell’anima cosciente il mondo diventa “in certo modo, più “chiaro”” (le rappresentazioni “chiare e distinte” di Cartesio) proprio perché si diradano pian piano le nebbie delle immaginazioni luciferiche, ancora presenti, ad esempio (per quanto riguarda l’Italia), nell’Orlando innamorato del Boiardo (1441-1494) o nell’Orlando furioso dell’Ariosto (1474-1533).
Tali nebbie, tuttavia, non sono a tutt’oggi scomparse (non essendo scomparso Lucifero) e affliggono in vario modo la nostra esistenza.
Si tratta di fantasie o immaginazioni, più o meno incoscienti, che alterano la nostra coscienza ordinaria, e per ciò stesso il nostro rapporto con la realtà quotidiana (un vecchio romanzo di Ottiero Ottieri era significativamente intitolato: L’irrealtà quotidiana) (6).
Fatto sta che la nascita della modernità e della scienza galileiana (ch’è oggi caduta, tradendo Galilei, dalla “padella” luciferica nella “brace” arimanica), avrebbero dovuto comportare (e in parte hanno comportato) un processo, diciamo così, di “de-luciferizzazione”.
Sintomatico, al riguardo, è stato il conflitto tra la Chiesa e Galilei, che aveva il grave torto, agli occhi della prima, di basare la sua conoscenza sull’osservazione e sul pensiero, e non sull’autorità di Aristotele, della Tradizione o della Bibbia.
Ma per quale ragione Galilei non si basava più (al pari di Copernico o di Keplero) su tali autorità? Per la semplice ragione ch’era cambiata l’anima, e per ciò stesso il modo di pensare, sentire e volere (osserva Steiner: “Ho ripetuto sovente che quella che oggi chiamiamo storia non è che una fable convenue, perché in questa astratta narrazione di avvenimenti e in questa ricerca esteriore di cause ed effetti nei processi storici, non si tiene conto delle trasformazioni e delle metamorfosi della vita animica umana”) (7).
L’ho detto e lo ripeto: lo spirito che animava ieri tali ricercatori è lo stesso che anima oggi la scienza dello spirito, tant’è ch’è impossibile capire l’essenza di questa se non si capisce l’essenza di quella.
Lucifero cerca dunque di ostacolare la nascita dell’anima cosciente, patrocinando, ovunque può, un ri-nascimento dell’antichità classica, ma non riesce a impedire il nascimento della scienza naturale: ossia di un fatto allora assolutamente nuovo, come assolutamente nuovo è oggi il nascimento della scienza spirituale (ostacolata non solo da Lucifero, ma anche da Arimane).
Considerate solo questo: ci sono state epoche in cui l’umanità ha usufruito istintivamente dell’“immaginazione” (lo dimostra ad esempio il fatto che, in greco, theōrêin e theōría significano, rispettivamente, “contemplare” e “visione”); mai c’è stata invece un’epoca in cui abbia usufruito della “coscienza immaginativa”, giacché questa ha unicamente a che fare col suo presente e col suo futuro.
“Questi – dice appunto Steiner – sono i tre gradini che l’umanità ha in parte passato, e che in parte dovrà ancora percorrere. Nell’Atlantide gli uomini ancora vivevano in una specie di stato di coscienza di sogno, ma era una coscienza chiaroveggente. Più tardi essi conquistarono gradatamente l’autocoscienza, la coscienza oggettiva esteriore, ma in cambio dovettero rinunziare all’antica facoltà ottusa di chiaroveggenza; e finalmente, nell’avvenire, l’uomo avrà una coscienza chiaroveggente collegata all’autocoscienza. Così l’uomo passa da un’antica, ottusa chiaroveggenza, attraverso una coscienza oggettiva non chiaroveggente, per risalire poi ad una chiaroveggenza autocosciente” (8).

Domanda: Non mi è facile pensare che la grande arte del Rinascimento sia stata patrocinata da Lucifero, cioè da un ostacolatore.
Risposta: Con ciò che ho detto, non ho inteso ridurre l’intero Rinascimento a un impulso di Lucifero, ma mettere soltanto in luce alcune manifestazioni di quello che ho chiamato un suo rigurgito o ”colpo di coda”. Le grandi creazioni dell’epoca, dirà più avanti Steiner, sono dovute, sì, a Michele, ma “esse sono ancora un rinnovamento dell’essenza dell’anima razionale o affettiva”, e “non ancora l’azione delle nuove forze animiche”.
Tieni conto, comunque, che definire luciferico un qualcosa o un qualcuno (ad esempio, come fa Steiner, papa Alessandro VI o Cesare Borgia), altro non significa che operare una diagnosi; e sai forse di qualcuno che, sentitosi definire dal proprio medico, che so, un “cardiopatico”, si sia offeso, e abbia magari replicato: “Cardiopatico sarà lei!”?
Ti sia chiaro, in altre parole, che una diagnosi, quale fatto puramente conoscitivo, non equivale a un “Vade retro satana!”, a un anatema o a una condanna pudibonda e moralistica.
Sappiamo che Lucifero è lo spirito della bellezza e della seduzione? Bene, godiamo allora la bellezza ed evitiamo la seduzione; sappiamo che Arimane è lo spirito della tecnica? Bene, utilizziamo allora cellulari e computer ed evitiamo di diventarne schiavi.
Ho detto “godiamo la bellezza”, ma anche qui dovremmo fare attenzione. Senti che cosa dice infatti Steiner: “Si deve essere consapevoli che se come uomini ci si dedicasse solo al bello, si coltiverebbero in sé le forze che conducono all’elemento luciferico (…) Il puro bello, adoperato da Lucifero per abbagliare e incatenare gli uomini, li svincolerebbe dall’evoluzione della Terra, non li terrebbe in accordo con questa (…) In Grecia (è noto con quale entusiasmo ho parlato spesso da questa sede della civiltà greca) si poteva ancora dedicarsi unilateralmente alla bellezza, perché allora l’umanità non era stata ancora coinvolta nell’evoluzione discendente della Terra, per lo meno non in Grecia. Da allora però l’uomo non può più concedersi il lusso di coltivare solo il bello: sarebbe una fuga dalla realtà. Egli deve coraggiosamente confrontarsi con la lotta reale tra bello e brutto, deve poter sentire le dissonanze e le consonanze nel mondo, deve poter partecipare alla lotta fra di esse” (9).
Fatto sta che la nostra è una via della conoscenza e della libertà, e quindi una via in cui c’è posto per tutto, ma in cui tutto deve stare al suo posto.
Perché ciò sia possibile è però necessario che stia anzitutto al suo posto l’Io, ch’è appunto il principio o il signore dell’ordine e dell’armonia.
Tieni infine presente ciò che dice qui Steiner: “Rispetto alla vita storica dell’umanità immettiamo realtà nel nostro modo di pensare, se nei singoli periodi storici siamo in grado di percepire l’azione o il moto delle forze luciferiche e arimaniche. Sentiamo così con precisione l’operare luciferico nel periodo storico che va da Sant’Agostino sino alla fine del medioevo, sino al secolo quindicesimo all’inizio dell’epoca moderna (…) Se ora passiamo all’epoca moderna, se dirigiamo lo sguardo al mondo meccanico-fisico (…) vi vediamo con chiarezza dominare la sfera arimanica. Con questo non si asserisce senz’altro che il periodo da Agostino a Galileo sia stato luciferico e che quello da Galileo a noi sia arimanico. Sarebbe a sua volta un giudizio arimanico, un’interpretazione intellettualistica. Volendo arrivare da una simile interpretazione a un’altra vivente, a una conoscenza partecipante dell’esistenza nella quale siamo inseriti, dovremo esprimerci diversamente. Dovremo dire: nel periodo da Agostino a Galileo l’uomo si dovette difendere dalla forza luciferica per conservare il suo equilibrio. Nell’epoca moderna, per tendere all’equilibrio, deve difendersi da Arimane” (10).

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Di Lucio Russo
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